Clorofilla

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

Camminava e sorrideva; sentiva solo il fruscio delle foglie sotto gli stivali, mentre seguiva il sentiero. Si districava dai rami con gesti rapidi e precisi, ma senza fretta. Qua e là pallidi raggi di luce sfidavano la natura incontaminata del bosco, ma per la maggior parte, la penombra era la sua unica compagna. Regnava un silenzio quasi innaturale, spezzato solo da qualche battito d’ali; non sentiva freddo: quel particolare novembre era mite e l’umidità balsamica lo aiutava a respirare meglio. Arrivò in uno spiazzo circondato da sequoie alte come giganti leggendari, così fitte da sembrare quasi un’enorme gabbia; d’improvviso si sentì un po’ a disagio, ma si fermò un attimo ad ammirare la bellezza di quel luogo. Non c’era vento, ma lo stesso cominciarono a cadere foglie sempre più velocemente e si alzò una brezza che subito si trasformò in rapide raffiche di vento che rialzavano le foglie appena cadute e le facevano danzare in una spirale sempre più incalzante.

Si guardò rapidamente attorno, cercando un riparo, ma il sentiero da cui era venuto non esisteva più; quella che all’inizio era stata una radura, ora era una trappola e quelle che erano state foglie morte ed umide a terra, ora gli sferzavano i vestiti in una danza sempre più stretta. Cercò con le mani di liberarsi da quel vortice impazzito, ma si accorse ben presto che esse erano affilate come rasoi e affondavano nella carne come fosse burro. A contatto col sangue, da secche ritornavano verdi e forti. Mangiavano. E crescevano. I vestiti erano ormai a brandelli e le ferite sempre più profonde; aprì la bocca per urlare, ma Loro gli lacerarono le labbra e gli strapparono la lingua e quel sorriso si fece sempre più largo. E più rosso.

Chiara Cozzaglio

Ho 26 anni, lavoro in una birreria artigianale e di solito non scrivo, io leggo.