Quel ragnetto, che ormai da più giorni se ne stava indisturbato, attaccato
alla ragnatela sulla parete del mio studio, cominciava a infastidirmi.
Finora non avevo mai pensato di abbatterlo, mi era simpatico; sapevo poi che
uccidere i ragni porta male, non che fossi superstizioso ma mi c’ero
affezionato. In fondo era quasi di casa ormai, chissà, magari teneva lontano
gli insetti. Io odio gli insetti, sono così inutili.
Ad ogni modo quella sera ero particolarmente nervoso. Il lavoro un disastro,
la ragazza mi aveva dato buca, ed io depresso a casa col ragno. ‘Bella
vita tu. Non lavori, te ne stai tutto il giorno sulla tua ragnatela a caccia
d’insetti e te la godi è... Ora ti accoppo io!’ Prendo la scopa e, senza
che il mio ex amico possa neanche abbozzare un principio di fuga, lo
colpisco! Tolta la ramazza il ragno cade a terra, ancora vivo, prova a
scappare lungo il battiscopa ma, implacabile, lo schiaccio con la ciabatta!
Le lunghe gambe, sottili e pelose, si muovono ancora, accartocciate su un
fragile corpo ormai spacciato. Mosso da umana pietà lo colpisco un’ultima
volta spiaccicandolo sul pavimento. Amen! Vado in bagno, prendo della carta
igienica per dare al ragno un’onorata e degna sepoltura nel water, ma quando
torno nello studio le spoglie dell’aracnide sono sparite, svanite nel nulla!
‘Eppure l’ho ucciso un attimo fa, proprio qui...’
All’improvviso un dolore atroce, lancinante, pervade la mia schiena. Cado a terra paralizzato, su di me si avventa un gigantesco essere tentacolare nero che inizia a mangiucchiarmi, sezionandomi con cura in minuscoli pezzi. Il respiro viene meno: l’enorme ragnatela in cui sono intrappolato stringe ed il veleno comincia a far effetto.