La sto perdendo.
Ogni momento che passa, la sento più distante. Eppure, fino a ieri, eravamo
una cosa sola.
E’ colpa di quell’uomo, lo so. Lui, che con quelle parole fluenti si è
insinuato tra noi a poco a poco. Non l’ha mai neppure sfiorata, ma sento che
le ha instillato dei dubbi sul mio conto.
E’ qui anche oggi. E’ un tipo autorevole, calmo, compassato. L’esatto
contrario di me. Perché io, in questo istante, sono furia pura: non posso
lasciarla andare; io, senza di lei, non esisto.
Stiamo insieme da molti anni, ormai, una simbiosi perfetta. Le sue mani sono
le mie mani, tra noi non ci sono confini.
Sin dal primo momento, lei mi ha accolto, cedevole, arrendevole... Mi ha fatto
sentire completo. Questa donna è la mia casa.
E invece ora lui mi urla di andar via, di lasciarla libera, di tornare da
dove sono venuto.
Stupido insetto, pure il colore della sua tonaca assomiglia al guscio degli
scarafaggi. Non gli darò ascolto. E’ la mia ragazza! Non me la lascerò
sottrarre.
Ma poi a lei sfugge una lacrima.
Guarda il prete in viso e annuisce, e inizia a ripetere a sua volta le
stesse orribili frasi. Mi chiede di abbandonarla.
La sua voce è flebile, ma non trema.
E allora sono io che cado a pezzi, perché a lei non posso negare niente:
siamo stati troppo a lungo una sola anima.
Guardo un’ultima volta il mondo da dentro i suoi occhi, quindi scivolo
fuori.
Esorcizzato, di nuovo senza un corpo.
Solo.
Fa freddo.