Sancta sanctorum

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

«Preghiamo».
Don Luca china il capo, le mani giunte, le dita incrociate con tale forza che le nocche sono bianche.
Sta sudando. Non vede l’ora che la messa finisca. Ha rischiato di saltare un passaggio per la fretta, solo il mormorio dei fedeli lo ha richiamato all’ordine.
Ora l’Eucarestia. Spera siano in pochi a farla, così può togliersi l’abito talare e rifugiarsi nel silenzio della canonica. Sbatterli fuori tutti, con tante benedizioni.
L’aria è calda e umida, e il tanfo insopportabile.
Colpa delle ultime piogge; sapeva che il tetto andava riparato. Macchie umide scendono sui muri scrostati.
Ci voleva l’incenso per coprire il fetore. Tanto incenso.
No, la madre no!
Invece la mamma della piccola Clara è davanti a lui. Gli occhi sono gonfi, consumati dal pianto.
La mano trema quando spinge la particola nella bocca della donna e un fremito gli percorre il basso ventre.

La fedele si segna con la croce e torna al suo posto, lasciandosi cadere in ginocchio.
Era l’ultima. Don Luca si volta verso il crocefisso, allarga le braccia. Le mani a coppa sanno ancora di Clara, del suo sesso. Il sapone, il tempo, sembrano renderlo più intenso, invece di cancellarlo.
Gli occhi corrono a un punto del soffitto a volte. Sopra, c’è il sottotetto.
Clara è al sicuro lì, nella casa di Dio. Porta addosso il seme di Luca, non può essere restituita al mondo.
Lui l’ha coperta con il sale, ma le infiltrazioni d’acqua hanno rovinato tutto. Hanno sparso i suoi liquidi, che ora si diramano come dita scheletriche sui muri della piccola chiesa, ammorbando l’aria.
Don Luca distoglie lo sguardo, lo punta altrove: la Bestia lo guarda, accovacciata tra le colonne dell’abside. Il volto mostruoso struscia contro la statua della Madonna. Gli occhi sono voragini incandescenti che stuprano l’anima.
Sogghigna. È soddisfatta.

Ilaria Tuti