Si tirò su la cerniera e si diresse verso la moto parcheggiata a fianco
della centralina elettrica, a volte urinare poteva essere il più impellente
dei bisogni e lui non ne poteva più di guidare con la vescica ridotta ad un
gavettone.
Si stava per mettere il casco quando lo vide: era passato decine di volte
per quella strada ma non l’aveva mai notato, anzi non si era mai neppure
posto il problema che ci potesse essere un sentiero.
Quelli del comune erano stati più veloci del previsto, aveva preventivato di
fare ritorno a casa molto più tardi quindi perché non farsi una bella
camminatina?
Il sentiero finiva nei pressi di un pozzo abbandonato, sopra ad esso ed alla
miniera in rovina incombeva la montagna, con il suo ventre devastato dalle
escavazioni; doveva aver camminato un bel pezzo a giudicare dalla posizione
del sole, il cielo nel frattempo aveva assunto un colore che non prometteva
nulla di buono, era meglio darsi una mossa prima di prendersi un fulmine in
testa.
Fece l'itinerario a ritroso, provando un lieve disagio, la zona non era mai
stata granché popolare ma oggi non aveva incontrato anima viva, nemmeno un
occasionale cercatore di funghi.
Si stava già alzando vento quando giunse in vista della moto, passò a fianco
della centralina e si fermò, inorridito: cos'era quell'orrendo tanfo? Forse
la carcassa di un animale? Strano, all’andata non l'aveva sentito.
Diede un’occhiata in giro e scorse un'ombra aleggiare tra i pini, non riuscì
a reprimere un brivido e per un attimo fu tentato di andarsene; si riscosse
prontamente: no signori, lui non era cagasotto, era alto uno e novanta ed
era istruttore di krav maga, se c'era qualche stronzo nelle vicinanze
l'avrebbe conciato per le feste. Gli avrebbe fatto pentire di essere nato.
Si mise a gironzolare tra gli alberi, guardingo, non gli sarebbe dispiaciuto
pescare un bracconiere con le mani nella marmellata e rovinarlo di botte.
Malgrado il suo furor germanicus si costrinse a rinunciare, stava
cominciando a piovigginare ed aveva sentito un paio di tuoni in lontananza,
tornò verso la radura imprecando.
Un’improvvisa folata di vento recò con sé un fetore immondo, un sentore di
tomba scoperchiata assieme ad un’inquietante rumore di ossa che cozzavano.
Urlò. Un urlo folle che gli strappò le corde vocali, un ululato lancinante
che proveniva dal profondo del suo essere, un terrore cieco ed
incommensurabile, nero come un abisso senza fondo.
Inchiodato a terra, incapace di emettere un suono e di muoversi ebbe tutto
il tempo per assistere alla scena, prima che venisse a prenderlo.
Quei cartelli con su scritto “PERICOLO DI MORTE” sul limitare della strada,
che gli avevano fatto tanta impressione da piccolo dicevano il vero, non
erano fantasie infantili, era tutto come si era immaginato, il peggiore
degli incubi si era materializzato.
La vide venire verso di lui, ondeggiando lievemente e brandendo la falce,
avvolta nella sua funebre veste.
Era la Morte in persona ad aggirarsi per quei boschi.