Secondo
le nuove norme igieniche, l’utente dovrebbe poter entrare in bagno,
pisciare, lavarsi le mani, asciugarsele e uscire senza dover toccare niente
che precedentemente sia stato toccato da qualcun altro. Manopola con corona
blu per l’acqua fredda. Come sono arrivato qui?
Tuffo la faccia nel letto d’acqua raccolto tra le mani e riemergo
gradualmente in superficie.
Se provo a ripercorrere le ultime ore non riesco a recuperare niente. Niente
fino al pranzo, al Caffè 21. Ricordo i sapori, non l’atto in sé di ordinare
e consumare.
Tiro dal dispenser tre fazzoletti di carta scadente per arrestare le gocce
che precipitano lungo il collo.
Un corridoio coi pavimenti traslucidi. Ne ho visti uguali in un ospedale, o
forse era una scuola. La stanzetta è a due passi, piuttosto buia, lo vedo
dall’inserto di vetro satinato sulla porta. Stringendo il pomello, un guizzo
elettrico si irradia nella mano e dopo qualche piccola resistenza la porta
cede alla pressione del mio braccio.
Due settimane fa il mio cliente, Corrado Santini, è stato trovato sotto il
patio di legno chiaro della sua villa a conversare amabilmente con il
cadavere della moglie, morta ormai da più di quattro giorni. Secondo il
medico legale, la donna sarebbe deceduta per cause naturali, a poco più di
trentanove anni. Santini, invece, sostiene di averla aiutata a suicidarsi,
per realizzare il disegno vaneggiante di un uomo di cui non si ha nessuna
traccia.
“Quanti fili elettrici ci avvolgono? Sono ovunque, vivi, nascosti. Una selva
invisibile”.
Dice cose senza un senso apparente. Ha una voce anomala, ovattata e scattosa.
Anche i suoi movimenti non hanno nulla di ordinario, è come se si
sviluppassero in uno spazio inappropriato, con l’effetto visivo di un
ralenti. Mi sorride spesso, poche e profondissime rughe gli spaccano la
fronte e il mento. Sono venuto in macchina? Che macchina ho?
“Signor Santini, potrebbe parlarmi dell’uomo che veniva a trovare lei e sua
moglie prima che questa morisse?”. Torna a sorridere. “Saprebbe
descriverlo?”.
“E’ sempre molto elegante, oggi è vestito con un gessato scuro”.
“Un’aria vagamente familiare. Dov’è in questo momento?”.
“Davanti a me, fa un sacco di domande inutili”.
Le sue parole si staccano dalla realtà che conosco e prendono volume,
lasciandosi dietro un mondo insensato e sbiadito, pieno di buchi. Non ride
più. Ha una serietà ermetica, adesso. La luce, respinta quasi del tutto
dalle veneziane, vince la resistenza in tre fasci biondi che gli si
stagliano attorno e, quando lo incontrano, lo cancellano.
La sensazione più straniante è che io stesso non ho più percezione di me
come essere umano.
“Sono io quell’uomo, signor Santini? Sono io ad aver causato la morte di sua
moglie?”.
“Sei quello che ci ha offerto un’opportunità tra questo mondo e l’altro, ma
non hai gli stessi occhi adesso. E’ inutile dire, o ricordare. Sei qui per
il sigillo. Il tuo posto non è ancora il mio, ma ci rivedremo avanti”.
E’ notte, ma non c’è buio. Ora vedo e non ho più occhi.