Mancavano pochi minuti all'inizio della kermesse. Giada, aveva lavorato
duro. L'idea, le vagava nella testa già prima del trapasso.
Con grande soddisfazione aveva raggiunto il suo obiettivo: trentadue chili
per un metro e settantacinque di altezza. Era pronta ad entrare nel sogno:
percorrere le passerelle degli atelier più famosi, ma la morte l'aveva
stroncata, lasciandole le pupille sbarrate dalla sorpresa.
Giada, non si era sentita sconfitta, tutt'altro. Era appena arrivata e già
cercava, nelle tombe, ragazze come lei, desiderose di partecipare all'evento
che avrebbe organizzato.
Il sotterraneo era in subbuglio. Il lavoro ferveva. Avevano raccolto cumuli
di ragnatele e suddivise secondo la grandezza e la consistenza. Della
colorazione si era interessata Giada.
Tra le pagine della mente, c'era già il tema che avrebbe definito la
sfilata: "Donne in Rosso."
All'interno di grossi crani, aveva immesso il sangue raccolto dalle bare:
secco, grumoso, vischioso, ancora miscelato ai liquidi corporei; nelle
diverse tonalità del rosso.
L'aveva suddiviso secondo l'intensità: dal rosso bruno al rosso chiaro.
Infine aveva intinto le tele. Un risultato fantastico. Per la sfumatura più
chiara aveva dilavato il suo. Era ancora fresco.
Giada preparava i modelli, le ragazze univano, arricciavano, pieghettavano
tra loro quei tessuti evanescenti dalle sfumature simili a tramonti
africani.
Il percorso era stato tracciato lungo il viale delle cappelle più signorili.
Ai lati, centinaia di candele illuminavano il buio della notte. I morti
erano stati svegliati per partecipare al grande evento. Il cimitero sembrava
una bolgia infernale: chi scendeva, chi saliva, chi usciva dal pianoterra.
Le modelle erano pronte. Indossavano abiti da gran sera. Nel silenzio
dell'attesa, si erano incamminate lungo la passerella a piedi nudi. Alcune,
sotto l'abito mostravano lo scheletro nudo; altre, lo avevano ancora
ricoperto da brandelli di pelle, tendini e vene grumose, che oscillavano tra
le stoffe velate. Si muovevano a scatti. Sembravano bambole disarticolate.
Il clic-clac delle ossa davano il ritmo al passo. Le cavità oculari avevano,
tutte, lo stesso sguardo: fisso nel vuoto. Ma Giada non vedeva quell'orrore.
Guardava estasiata la magrezza delle indossatrici e i suoi modelli.
Era arrivato il suo momento. Doveva chiudere la sfilata.
Il vestito rosato, dalle balze vaporose, le ondeggiava sopra lo scheletro
ancora ricoperto da una pelle grigia e appassita. Si sentiva divina.
Tra battiti di ossa rinsecchite, s'inchinava al pubblico. Ad un tratto, il
pizzo della gonna aveva lambito la fiamma di una candela. Le vampe l'avevano
avvolta e ridotta a torcia umana. Tutti erano fuggiti, lasciandola lì, a
fumare come un tizzone bagnato.
All'alba, il becchino era inciampato nel suo corpo,esclamando:
"Stanno diventando peggio dei vivi! Ogni notte ne ammazzano uno. Anselmo!
Prendi la carriola e portala via. E' quella nuova. Cappella 64."