Non è come nei film. Gli zombie non sono esseri senza cervello. Vivono per
placare i loro bassi istinti, ma ragionano. E parlano. Uno di loro è rimasto
intrappolato in casa mia. Ha sbranato mia figlia e staccato una gamba a mia
moglie. Non l’ho ucciso subito. Ho in serbo per lui una splendida sorpresa.
E’ legato a una sedia al centro del salotto. E’ un giovane sui trentacinque
anni, viso terreo sporco di fango e sangue, capelli strappati, occhi feroci,
denti snudati. Si agita come un ossesso, con una voglia matta di divorarmi.
Ho preparato gli attrezzi. Poco alla volta, gli darò quello che si merita.
Dal vassoio che ho davanti scelgo una pinza, massiccia e devastante. Mi
avvicino.
«Come ti chiami?» gli chiedo, e gliela mostro. Sbavando un fluido putrido,
risponde: «Romeo.» Rido. Un nome così romantico per una bestia così
ripugnante. «Sai, Romeo, sono un dentista e ho capito una cosa: il dolore ai
denti è fra i peggiori che un uomo possa conoscere. Tecnicamente non sei un
uomo, ma soffri. Soffri anche tu. Vedi questa pinza? Con questa ci
divertiremo.»
Lui strattona le corde, e dice: «Pezzo di merda, mangerò anche te. Non puoi
fermare la mia fame.»
«Lo vedremo» ribatto io. Con un movimento rapido gli scivolo alle spalle,
gli tiro indietro la testa per i capelli e con un colpo secco gli spacco gli
incisivi superiori. Lo lascio bruciare nel supplizio e nella collera
impotente per diversi minuti. Sputa sangue e pezzi di dente e rantola.
Quando si riprende, lo fisso, mi farebbe a pezzi se potesse. Strilla come un
pazzo, poi si calma e abbandona la testa sul petto.
Vado avanti. Svito il tappo della tanica di benzina. Mi avvicino ancora, ma
con cautela, perché questo scarto umano potrebbe fare scherzi. Verso la
benzina sulle piaghe che ha su braccia e gambe. L’ondata di dolore lo
rianima all’improvviso. Romeo si dimena emettendo versi animaleschi. E non è
finita. Ho uno Zippo nuovo di pacca. Do fuoco alle ferite. Sprofonda nella
pazzia, e io me la rido di gusto mentre arde come un mucchio di braci. Il
bello dei non-morti è che... non muoiono, non subito almeno. Nella stanza c’è
puzza di carne carbonizzata. Ora si agita così tanto che si rovescia a terra
con la sedia. Sembra svenuto. «Guardami» gli ordino. Con enorme fatica, alza
gli occhi nella mia direzione. Ha il respiro lento e asmatico. Gli applico
la mascherina sulla faccia annerita. Apro la valvola della bomboletta. Gas
esilarante.
E ora il pezzo forte. Mi giro ed esclamo: «Clara, vieni!» Entra mia moglie,
reggendosi a una stampella. E’ livida in viso, sembra ubriaca, ha il respiro
pesante, gli occhi vitrei. Si ferma di fianco a me, si sporge un poco, la
bacio. Il suo alito sa di cadavere. «Ho fame» sussurra apatica e disperata.
«Il pranzo è servito!» annuncio. Romeo non smette di ridere, ma noto che è
terrorizzato. Sa cosa lo aspetta. Clara si trascina verso di lui, si china e
comincia da un polpaccio. La sento masticare felice.
Posso aspettare. La notte è ancora lunga.