Mi sveglio nel cuore della notte.
Nulla di strano, se non fosse che non posso muovere un solo muscolo. L’unico
rumore è quello delle macchine che sfrecciano sotto la finestra come
calabroni ubriachi.
Cerco di ricordare cosa ho mangiato a cena. Pollo King Do e riso fritto
Singapore. Che sia paralizzato per un’improvvisa allergia al peperoncino?
“Mordolor non può morire così!” prorompe una voce.
In pochi sanno della sua esistenza. Svelo i miei nuovi personaggi solo
quando sono certo che mi pagheranno per illustrarne le avventure. Faccio il
fumettista e ammetto che la vita di Mordolor è stata piuttosto breve. Il
tempo di ultimare il personaggio, portare le tavole alla Hellblazer e
attendere due settimane per sentirmi dire che stavolta avevo fatto fiasco.
“Perché non hai lottato per me?” domanda Mordolor mentre un alito caldo mi
sfiora i piedi e sale fino alle caviglie.
Cosa rispondere al protagonista di un fumetto dell’orrore incazzato perché
il mercato dei comics ha chiuso le porte allo splatter e all’ultagore?
“Il giorno che mi hai presentato alla Hellblazer sono stato a un passo dalla
vita. E’ stato stupendo!” Mordolor deve essersi avvicinato: avverto il suo
puzzo a un palmo dal naso. Quando riprende a parlare lo fa sussurrando
appena. “Adesso ho fame. Ho fame di realtà e di reale conosco solo te.”
Sui miei piedi sgocciola qualcosa di viscido e denso. Quindi i miei sensi si
sono riattivati!
“Non ne sarei troppo felice” annuncia Mordolor dal fondo del letto. Solo
adesso capisco che ciò che mi inzacchera i piedi è l’acquolina che gli
straborda dalla bocca. Col primo morso mi trancia la gamba sinistra, il cui
moncherino allaga il letto trasformandolo in una zattera in un oceano di
sangue. In un attimo mi divora anche le braccia.
Urlo fino a scorticarmi la gola. Urlo finché Mordolor non fa di me un
ributtante troncone umano che si dimena come un insetto senza zampe.
“Ho lasciato la testa per ultima non perché sia la parte che preferisco” mi
confida. “Ho bisogno della tua parola. Riavrai il tuo corpo solo se
contatterai la Hellblazer e rescinderai il contratto che ti lega a loro.
Sono io il personaggio che d’ora in poi riempirà le tue giornate. Credi di
poterlo fare?”
“Sì” balbetto io.
Mi sveglio all’alba. Sopravvissuto all’incubo più fervido della mia vita.
Quando mi avvicino alla scrivania per controllare che sia tutto in ordine
una risata infernale mi spacca la testa in due. La finestra si apre di colpo
e sotto il mio naso, portato da una gelida folata, compare un foglio bianco.
Un nuova ventata rovescia il portamatite e nell’istante in cui ne afferro
una la voce di Mordolor esclama: “Lavora come si deve ragazzo, se non vuoi
essere la cena!”
Vorrei urlargli di andare all’Inferno, ma che senso ha rispedirlo da dove
proviene?
Qualcosa mi volteggia davanti come appeso a fili invisibili. E’ il mio
cellulare. Sul display si sta componendo un numero. Lo riconosco dalle prime
cifre: è quello della Hellblazer!