Martina aveva tanto sonno, sentiva gli occhi pesanti sul punto di serrarle
la vista.
Giocare tutta la notte la privava di parecchie energie.
Con la mano tentò di fermare un languido e rumoroso sbadiglio che richiamò
lo sguardo perplesso e un po’ preoccupato di sua madre.
- Martina, non dirmi che non hai dormito neppure stanotte.
Lei si giustificò con un sorrisetto bieco e un’alzata di spalle.
- I miei amici volevano giocare.
La signora Susanna sospirò affranta e snervata.
- Te ne prego Martina, basta. Questa storia dei mostri è durata fin troppo
per i miei gusti. Lo sai che se continui così, papà ti porta dallo
psichiatra?
Martina inarcò un sopracciglio e sentì le lacrime avvicinarsi per inumidirle
le folte ciglia.
- É vero, è tutto vero - urlò facendo cadere la tazza di latte con un gesto
maldestro.
Si alzò allora dalla sedia e corse in camera sua, il padre la incrociò
mentre saliva le scale come una furia. Trovò sua moglie china in terra,
occupata ad asciugare il latte caldo che si allargava sul marmo chiaro.
- Ancora la storia dei mostri? - le chiese mentre si allacciava un polsino
della camicia.
Susanna gettò lo straccio sporco e si mise in piedi, sapeva che Attilio non
sarebbe stato altrettanto comprensivo.
- Sì - frenò la risposta del marito alzando una mano - ma Attilio dammi
ancora un po’ di tempo. Non sono sicura che portare Martina da uno
psichiatra sia la soluzione migliore. Hai visto tu stesso come reagisce se
cerchiamo di negare l’esistenza di questi mostri.
- Allora cosa suggerisci? Te ne rendi conto da sola che è una cosa che non
possiamo assolutamente tollerare. La bambina, in pratica, non dorme mai
dicendo di passare la notte a giocare a nascondino con dei fantomatici
esseri che escono dall’armadio - il tono di Attilio era notevolmente più
duro ed emetteva una sorta di condanna per la figlia.
Susanna abbassò lo sguardo mortificata.
- Fammi parlare con lei, vedrai che in qualche modo riuscirò a convincerla.
Attilio guardò la moglie poco convinto circa le sue doti persuasive, quando
Martina si metteva in testa qualcosa era davvero impossibile farla
desistere.
Un’altra notte passata insonne e, con il consenso o meno di sua moglie,
avrebbe chiamato il dottor Loy per prendere un appuntamento.
In camera sua, Martina fissava l’armadio rosa. Era arrabbiata e delusa. La
cattiveria dei suoi genitori la faceva piangere e la rendeva triste. Perché
non le credevano?
Ancora ricordava la prima volta che i suoi amici si erano fatti vivi.
Dapprincipio aveva creduto che fosse tutto un sogno poi, quando aveva
sentito la mano calda e pelosa di uno di loro carezzarle il viso, aveva
capito che era tutto vero.
Non aveva mai avuto paura di quei tre strani esseri, nonostante il loro
aspetto non fosse dei più rassicuranti. Ma Splat, Vigor e Nail non le
avevano mai fatto del male, non l’avevano mai fatta piangere come facevano i
suoi genitori e ogni notte, all’una in punto, uscivano dall’armadio per
farle visita e divertirsi con lei fino al sorgere del sole.
Avevano cominciato a giocare con le bambole, soprattutto Vigor era quello
più attratto dalla casa di Barbie e dagli scintillanti vestitini di raso che
Martina aveva collezionato per il suo biondo giocattolo.
Così, una sera, gli aveva regalato una vecchia Barbie che non usava più e
lui si era quasi messo a piangere dalla gioia. Era strano vedere un essere
così grande e bitorzoluto saltellare contento per la stanza, la cosa che più
lo divertiva era leccare la bambola, quasi fosse stata un cono gelato panna
e cioccolato.
Purtroppo Vigor non aveva capito appieno come usarla, infatti, aveva
cominciato a staccarle la testa a morsi. Era proprio buffo!
Poi Nail, il più piccolo dei tre di colore blu e molto peloso, aveva deciso
di giocare a “Cerca e Trova”. A turno, ciascuno di loro nascondeva un
oggetto e gli altri dovevano trovarlo. Vinceva chi lo trovava in meno tempo.
Fu di Splat, quello grasso e gelatinoso, l’idea del nascondino. Era piaciuta
a tutti e ormai ci giocavano da una settimana.
Improvvisamente Martina s’illuminò, aveva trovato la soluzione.
Di scatto si alzò dal letto precipitandosi in cucina dalla madre.
- Cosa? - Susanna stava temporeggiando per capire se fosse una buona idea o
meno assecondare la figlia.
- Mamma ti prego. Stanotte giochiamo tutti a nascondino, così anche tu e
papà conoscerete i miei amici e tutto sarà risolto.
- Martina, io non credo sia una buona idea. Fammi parlare con tuo padre, ne
discuteremo a cena - tagliò corto la signora Susanna.
La bambina girò le spalle affranta e tornò in camera sua. Avrebbe fatto un
sonnellino per riprendere le forze, fortunatamente aveva ancora una
settimana di vacanze prima di ritornare a scuola.
La terza elementare era una classe faticosa.
Intanto la signora Susanna meditava su tutta la faccenda, dopotutto, a otto
anni, è normale avere degli amici immaginari. Anche lei all’età di Martina
aveva un amico immaginario, si chiamava Nicolino e con lui faceva grosse
chiacchierate. Le sue stesse compagne di scuola ne avevano uno e tutte
quante facevano a gara a chi aveva l’amico più carino e simpatico.
L’unica differenza stava nel fatto che lei non era mai rimasta sveglia tutta
la notte asserendo di giocare con Nicolino.
Martina sembrava davvero convinta che questi tre amici fossero reali e non
erano nemmeno bimbi normali ma addirittura tre mostri strambi. Glieli aveva
descritti una volta, chissà che film aveva visto per raccontare fin nei
minimi dettagli tutti quei particolari orrendi.
Forse Attilio aveva ragione, pensò Susanna, bisognava chiamare il dottor Loy.
Sarebbe bastato raccontargli ciò che accadeva e chiedere un consiglio,
magari rientrava tutto nella norma e non era il caso di preoccuparsi.
Presto la bambina si sarebbe stancata e avrebbe ripreso a dormire
regolarmente.
Quando espose la proposta della figlia a suo marito, Susanna si trovò in
risposta uno sguardo allucinato, quasi Attilio avesse incluso anche lei
nella schiera dei pazzi vaneggianti.
- E questa buffonata come dovrebbe risolvere il problema?
- Beh, se ce li presenta e noi le facciamo capire che non esiste nessuno,
forse la storia finisce lì.
Suo marito rise beffardo - Tu credi che basti questo? Noi non vediamo
nessuno e lei rinsavisce. Ancora non hai capito che tua figlia dice una
marea di bugie? Non crede nemmeno lei che ci siano questi mostri, è solo un
modo stupido per attirare l’attenzione.
- Questa sarebbe la tua diagnosi? - replicò offesa Susanna - E perché mai,
se dice bugie, la mattina si alza più stanca di quando è andata a dormire,
con delle vistose occhiaie blu?
- Soffrirà d’insonnia e s’inventerà queste cretinate. Ti ripeto, ci serve
l’aiuto di uno psichiatra.
Susanna si stizzì profondamente per la risposta di Attilio, credeva che
sarebbe stato più comprensivo, invece quell’uomo si era rivelato ancora una
volta duro e superficiale.
Martina rimase molto delusa dall’atteggiamento del padre e dalla passività
di sua madre.
Comunque non c’era nessun problema, avrebbe fatto lo stesso di testa sua.
L’orologio a cuore fosforescente indicava l’una e quindici minuti.
Martina aveva discusso con i suoi amici, raccontando loro quello che era
accaduto durante la giornata. Furono tutti d’accordo con lei, negli occhi di
Vigor brillò una luce diversa.
Anche Splat e Nail sembravano entusiasti della trovata di Martina, difatti
avevano cominciato a sbavare copiosamente e quello era un chiaro sintomo
della loro gioia.
- Allora cominciamo - incalzò la bambina.
Fecero la conta per scegliere chi doveva nascondersi e chi trovare.
Toccò a Martina scovare i suoi amici.
Nail, Splat e Vigor erano bravissimi a individuare sempre nuovi nascondigli,
a volte riuscivano perfino a mimetizzarsi con gli oggetti e una volta
Martina aveva impiegato più di un’ora per trovarli tutti.
- Quarantasette, quarantotto, quarantanove, cinquanta!
Adesso cominciava il divertimento. Martina cercò angolo per angolo,
setacciando tutto il piano di sotto. Non trovò traccia dei suoi amici, stava
per togliere l’allarme e uscire in giardino quando le venne in mente dove si
potevano essere nascosti i tre birbanti.
Evidentemente avevano deciso di farlo subito.
Salì quatta quatta le scale, i piedini scalzi non produssero nessun rumore
scivolando leggeri sul parquet. Con grazia abbassò la maniglia della camera
da letto dei suoi genitori, la porta si aprì lentamente facendo entrare uno
spicchio di luce nella camera in penombra.
Suo padre russava rumorosamente mentre sua madre dormiva su un fianco, con
il viso coperto dalla sua mascherina di bellezza.
Il suo occhio attento catturò un movimento, ed ecco la coda blu di Nail
uscire di poco da sotto il letto. Ci aveva visto giusto, ora si trattava di
stanare gli altri due.
Ma la stanza era ancora troppo buia, avrebbe dovuto accendere la luce del
lampadario.
Trovò l’interruttore e...
Un lampo fece sobbalzare il signor Attilio che si destò di colpo scattando a
sedere sul letto. Il brusco movimento svegliò la signora Susanna che aveva
il sonno leggero, si tolse la mascherina nera dalla faccia sbattendo più
volte gli occhi per abituarsi all’improvvisa luminosità, tanti globi di luce
le offuscarono la visuale.
- Martina, ma cosa diavolo... - sentì la voce di suo marito pronunciare questa
frase spezzata.
Vide Martina sull’uscio, vicino all’interruttore. Era stata lei ad accendere
la luce.
Un sorrisino soddisfatto le adornava il visino roseo e un po’ affannato.
- Tana per tutti! - urlò orgogliosa.
Il signor Attilio e la signora Susanna non ebbero molto tempo per
realizzare, solo un secondo e tre belve mostruose, apparse forse da un
incubo, sbucarono una da sotto al letto, una da dietro la tenda e una dal
mobile-tv.
Attilio trasalì, un moto d’orrore lo avvolse provocandogli un forte
giramento di testa, Susanna cominciò a urlare. Urlò talmente tanto che per
un istante non le arrivò ossigeno al cervello.
I tre mostri emisero una serie raccapriccianti di grugniti, Splat saltò sul
letto facendo schizzare qua e là un poco della materia vischiosa di cui era
composto e impedendo ai due coniugi di muoversi, Nail sbavò sui biondi
capelli della signora Susanna, che stava sul punto di svenire.
E Vigor, beh, lui cominciò a giocare col signor Attilio proprio come aveva
fatto con la vecchia Barbie della sua piccola amica.
Morso dopo morso, staccò le membra dell’intransigente papà, tra le urla
agghiacciate di Susanna e i gridolini divertiti di Martina.
Poi, tutti insieme, si dedicarono alla latrante mammina.
Martina guardò l’orologio, era quasi l’alba ed era davvero molto stanca.
Era stata una nottata di giochi intensi e doveva assolutamente riposare.
La Transizione, poi, metteva ancora più sonno.
Guardò beata il suo braccio squamoso.
I suoi tre amici sarebbero tornati presto e avevano in serbo per lei tanti
altri giochi divertenti.