Il cane, simile
ad un lupo, dal pelo sporco e nero, è sdraiato vicino al camino, dove il
rigido freddo dell’inverno viene mitigato dal tepore delle fiamme
crepitanti.
Il padrone del cane è seduto su una sedia, si tiene impegnato scolpendo con
un coltellino una statuetta raffigurante quello che ormai considera il suo
cane, trovato poche settimane prima, ma a cui è già incredibilmente
affezionato.
Questo cane è particolare; tutti al villaggio lo notano. Durante la prima
settimana era solito scappare, la notte, per poi tornare a casa dopo diverse
ore.
Nel timore che qualche povero affamato potesse mangiarlo, il padrone ha
deciso di chiudere la porta di casa a chiave la notte e questo ha impedito
al cane ulteriori fughe.
Ma l’animale non mangia mai e sembra voler uscire di casa solamente dopo il
tramonto; è stranamente inquieto, molto aggressivo con gli estranei e da
alcune settimane i suoi occhi sembrano diventati leggermente opachi.
Tutto ciò desta lo stupore e la contrarietà degli abitanti del villaggio, i
quali non gradiscono la presenza di tale animale. In primo luogo è opinione
di molti contadini e del prete che sia troppo simile ad un lupo, simbolo di
Satana e del Male. Gli allevatori poi, attribuiscono a lui la colpa della
morte di ogni capo del loro bestiame.
Ma il padrone ama il suo cane e non ha mai acconsentito alle richieste di
cacciare via il suo compagno. “Siete stolti”, dice, “vi servite del mio cane
per spogliarvi del peso degli eventi infausti che avvolgono il villaggio e
di cui, per la maggior parte, siete causa.”
Ma il prete e il popolo sono rigidi: per loro il cane è il capro espiatorio
d’ogni male. Dalla nascita di un neonato morto, alla putrefazione di un
cesto di mele vecchio di oltre un mese, alla morte di alcuni polli.
Il prete accusa anche il padrone: - Ha stretto un patto con Satana, che si è
manifestato sotto forma di lupo nero. Prima ha fatto marcire le mele, poi
toccherà alla nostra carne. Sarà portatore di peste! –
La gente gli crede.
Si recano a casa del vecchio padrone, di notte, armati di fiaccole e
forconi, falcetti e coltelli.
Il prete è in mezzo alla folla; li incita all’uccisione del Demonio con
promesse di salvezza e perdono e Paradiso.
I contadini sfondano la porta. Il cane si spaventa, si alza e si nasconde
dietro al padrone, la coda abbassata tra le zampe e le orecchie abbassate.
Il padrone si ferisce un dito col coltello, sobbalzando per lo spavento.
Fissa i suoi concittadini, si alza. Pulisce in fretta la statuetta con la
maglia; non vuole che il sangue la sporchi. La poggia con delicatezza sulla
sedia, insieme al coltello, guarda il cane con amore.
- Siete venuti a commettere peccato, amici? –
- Qual peccato v’è nell’estirpare il seme del Male? – risponde il prete. I
contadini corrono verso il padrone, lo afferrano per la camicia e lo
trascinano a terra. Lo colpiscono con i bastoni e con i calci. Lo trascinano
fuori, lo colpiscono in faccia. Il naso del vecchio si rompe, sanguina. La
camicia si strappa, lui si lamenta.
- Non tralasciate lo cane! Dev’essere arso! – urla il prete, ma il cane è
sparito.
Lo cercano nella casa, non lo trovano.
Dalle tenebre di un angolo emerge una figura, si avvicina alla luce con
passi lenti.
Un odore nauseabondo si spande nell’aria. Il prete porta una mano alla
bocca, un contadino vomita, gli altri inorridiscono.
La figura avanza. Non ha abiti. La sua pelle è grigiastra, con sfumature
verdi, le vene, ben visibili sulla superficie traslucida, dello stesso
colore, alcuni brandelli pendono come macabri nastri. Abbondanti
rigonfiamenti della pelle, simili a putrescenti bottoni ricoprono la figura.
Le unghie sono lunghe, gli occhi e le orecchie sanguinano. I capelli lisci e
neri scendono fino al petto, le labbra sono prive di colore, gli occhi
totalmente oscurati da un velo vitreo, il naso leggermente consumato.
Una figura raccapricciante ed inguardabile.
Un istante, poi una folata di vento spegne in modo innaturale le calde
fiamme del camino e le torce dei villani; l’uomo putrefatto svanisce
nell’oscurità mentre il freddo e le tenebre della notte calano sulla fede
violenta dei contadini, sulla loro ignoranza e sul freddo ghiaccio dei loro
cuori riversandosi sui loro corpi come neve ed ombra
I contadini si guardano intorno, alcuni cercano di uscire.
Ci riescono, nessuno li ferma.
Uno indugia: - Quale immonda creatura si cela nell’ombra, padre? – domanda
al prete. Il prete fissa lo sguardo nel buio. Non risponde al villico
ignorante, ma lui ha capito.
Sa che l’uomo è lì, i suoi occhi fissi nei suoi. Sa che è in attesa.
Il prete inizia a pregare. Lui aspetta.
Il contadino esce, spaventato da quella figura nascosta nelle tenebre,
mentre il più giovane rientra nella casa; vuole far uscire il prete, ha
paura che il mostro gli possa fare del male.
Si ferma di fianco all’uomo di Chiesa, allunga una mano verso la sua spalla,
ma qualcosa di estremamente freddo lo afferra.
Il contadino urla, viene trascinato nella profonda oscurità della casa.
Tutti rientrano coi forconi, gridano, insultano, pregano e invocano il loro
Dio.
L’odore di putrefazione lentamente svanisce. Cala il silenzio.
Trascorrono alcuni secondi, i contadini puntano i forconi contro l’oscurità.
Con un tonfo pesante e sordo il cadavere del giovane cade a terra, pallido,
svuotato del sangue, nudo.
Il camino si riaccende. Di fianco ad esso c’è la creatura. La pelle ora è
perfetta, liscia e leggermente pallida, le labbra carnose e rosse, il naso
bello, gli occhi luminosi come braci ardenti. Ora è vestito, indossa una
lunga gonna creata unendo gli indumenti sottratti al contadino e legandoli
assieme.
Sorride, mostra i lunghi canini affilati.
Un contadino gli scaglia contro un falcetto. Il Vampiro si sposta
velocemente, senza scomporsi, evita l’arma che ricade al suolo.
Si avvicina ai villani. Lo attaccano coi forconi; non colpiscono che nebbia.
Il Vampiro allarga le braccia, fissa i contadini.
Si accasciano a terra, tra spasmi di dolore, mentre il sangue si rapprende
nelle loro vene e il loro cuore si ferma, ghiacciato dal loro odio.
Il Vampiro indica il prete. I suoi artigli sono neri come la notte.
Il prete rimane fermo, immobile. Saldo nella sua fede: stolto.
Cade a terra nel suo sangue, la gola tagliata dalla lingua affilata della
creatura.
Il Vampiro esce dalla casa, nella fredda notte invernale.
I contadini che solo pochi minuti prima coraggiosamente colpivano il padrone
indifeso e sdraiato a terra sono scappati.
Si china sul povero vecchio, che sputa sangue nella neve.
- Mi hai dato una casa e mi hai difeso; il tempo di porre un contrappeso
sull’altro piatto della bilancia è giunto. Hai tante domande. Nessuna di
esse troverà risposta nella incrollabile oscurità della cieca e sorda morte.
Non pronuncerò parole ree di cupa menzogna, non avrai salva la vita, avrai
un’altra morte. Una morte di visioni e risposte. Accetti la mia offerta? –
Il padrone sussurra con le poche forze che gli sono rimaste in corpo. ”Sì”,
dice.
Il Vampiro ne afferra il corpo e se lo appoggia sulle ginocchia. Avvicina le
sue labbra al collo del vecchio, lascia che lui afferri la fredda mano del
suo assassino. Non c’è timore in quella stretta. Serra i denti nella carne,
il sangue sgorga dalla ferita, cola sulla bianca neve ora macchiata dal
peccato dell’omicidio. Passa tra le labbra del Vampiro, scende nella sua
gola, rinnova la pelle con nuova linfa, amplifica i poteri del non-morto.
Dai lunghi canini affondati nella vena del vecchio cola il veleno del
vampirismo, si unisce al sangue, circola nel corpo.
Il Vampiro si solleva e adagia il vecchio amico nella neve: ora è questione
di tempo.