Corridoi,
lunghi e interminabili, portano ad immense stanze. In un altro tempo. In
un'altra vita.
Anche a me accade di perdermi in epoche lontane: sono i miei ricordi...
Unici, irripetibili.
Osservo, ogni giorno, la vita che mi scorre davanti, e ascolto parole senza
senso.
Guardate, la signorina che ho davanti, ride, scherza mentre legge
qualcosa che richiede rispetto: vorrei averla conosciuta quando giravo per
quelle vie buie e maleodoranti. Avrei saputo zittire questa voce stridula e
ignorante.
Ricordo la mia prima volta: dritto al dunque, come se lo avessi sempre
fatto. Quel tepore, mi avvolgeva, pareva di essere immersi in un bagno
caldo.
La trattai bene. Non fece tanto scalpore la notizia, poco contava chi mi
regalò il suo calore.
Portate via questa povera gallina, continua a parlare. Non potrebbe
mancarle l’aria per qualche istante, e regalarmi così attimi di pace?
Ecco, altri ricordi. Una sera, dopo esser stati a teatro, il cocchiere
diresse la carrozza verso quell’infimo quartiere. Quante signore per la
strada, l’odore dell’alcool misto all’urina impregnava l’aria rendendola
pesante. Sentii come un fruscio, in un attimo venni immerso in quel calore
che tanto amavo.
Entravo ed uscivo con una lentezza calcolata, era dolce, dentro e fuori: che
regalo, brividi ed eccitazione!
Quanto vorrei entrare e uscire da quella signorina che ancora strilla e
ride, se solo potessi...
La seconda volta, la notizia, fece scalpore. Le persone si osservavano
con sguardi di rabbia e vendetta, bastava un piccolo indizio per scatenare
una guerra. Quanto godevo nell’entrare, attendevo giorni, settimane, pur di
risentire quelle sensazioni.
La terza volta fu meraviglioso. Ancora mi vedo immerso in quel rosso, in
quel calore che mi avvolgeva. Entravo che brillavo ed uscivo rosso, rosso
vivo: un rosso che ancora parlava, guardava.
Sento il rumore nel tagliare l’aria e nell’affondare in quella carne, sento
la vita che scorre, che si ferma per lasciarmi godere.
La notte era sinonimo di terrore per quelle vie malfamate, mentre nei
quartieri alti si sorrideva, si brindava per la scomparsa di persone di poco
conto.
Potei godere ancora due volte poi, colui che dirigeva ogni mia mossa, decise
di scomparire regalando al mondo una leggenda.
Ed ora eccomi qua, in un museo, esposto agli sguardi altrui nella stanza
dedicata al mio Signore: Jack lo Squartatore. Hanno dato un nome anche a me,
la targhetta che mi indica dice: Bisturi usato da Jack sulle sue vittime.