Mi erano addosso da qualche ora. Le ultime notizie davano gli inseguitori a qualche decina di metri. Era facile intuirlo: le pallottole fischiavano a pochi millimetri dalle mie orecchie come le ruote di un'auto lanciata verso una folle corsa. La bava scendeva calda dappertutto, così piccoli rivoli di bile verde cadevano dalle mie labbra, frantumandole come le dita di una mummia millenaria. Mi sentivo sporco e affamato e ignoravo il perché. Sentivo distintamente le urla di chi mi stava braccando: <<fermati bastardo!>>, <<ha morso i miei figli>> o <<Freddy torna qui, perché l'hai fatto?>>. Già perché l'ho fatto? Ma il tempo per tormentarmi, se non mi fossi sbrigato, non sarebbe mai arrivato. Puntai verso il parco, ormai il sole si stava vestendo d'arancione, pensai che non mi avrebbero più preso. Provai a prendere fiato acquattandomi dietro ad un càrpino da dove osservai i miei aguzzini entrare nell'ombra del boschetto. Ero stanco ed affamato, ma il mio era desiderio, mai provato fino a poche ore prima, di carne umana. Alcuni dei cacciatori si avvicinarono, gli occhi mi esplosero con una scintilla e una pulsione mi fece scattare in faccia a uno degli uomini col fucile: gli morsi il viso, ma una serie di pallottole mi costrinsero a terra.
Fui colpito alla schiena e in alcuni organi vitali, non riuscivo a rimettermi in piedi sulle zampe, mentre degli occhi pieni di pietà mi osservavano: <<Povera bestia, ha contratto qualcosa di simile alla rabbia, ho sentito dire che in certe città del mondo sta colpendo anche degli esseri umani che sono impazziti lanciandosi in atti di violenza e cannibalismo>>, io lentamente mi spegnevo, l'ultimo latrato fu il propulsore per espellere quello che rimaneva del mio respiro e poi un colpo di pistola alla testa mi finì. Povera bestia.
Alessandro Autieri, da sempre appassionato di cinema e letteratura horror, sono un calabrese trapiantato nel misterioso e affascinante Friuli.