Da
piccolo, quando non riuscivo ad addormentarmi, ascoltavo la marcia delle
formiche.
Dentro il mio cuscino, passi regolari di un minuscolo esercito che
immaginavo allontanarsi imbattibile in terre lontane. Tum-tum-tum.
Poi crebbi e scoprii che era il cuore, che spingeva le tempie appoggiateci
contro.
Ho conservato quel cuscino e per trent'anni ho continuato ad ascoltare
quella marcia, solo per nostalgia.
Un mese fa, in famiglia, decidemmo di cambiare i cuscini per i modelli
ortopedici della ditta Ikea. I cuscini Intedöd. Comodissimi, niente da dire,
ma senza formiche. Affondai il capo in tutti i modi in quei dannati affari,
ma le tempie si rifiutavano di tamburellare il concerto della mia infanzia.
Già, erano ergonomici, direte.
Ora sono chiuso in cantina, con la porta bloccata da un vecchio forno e un
paio di sedie, e so che non c'entrava l'ergonomia.
Mia moglie e mia figlia sono rimaste fuori e sono state uccise.
Sapevo che non avremmo dovuto comprarli, non c'è da fidarsi delle aziende di
massa, non sai mai cosa possono metterci dentro, come possono controllarti.
"I cuscini, dobbiamo ritirarli, sono guasti", le parole urlate dietro
l'uscio prima che sfondassero la porta senza troppi convenevoli. A Carla,
mia figlia, non hanno dato il tempo di muoversi, ma mia moglie ne ha ucciso
uno prima di morire. Ho visto la testa di quell'uomo staccarsi e cadere in
un angolo. Poi colpi di fucile, tanti.
Mio figlio, Alessandro, invece è qui con me e sento che ce la farò. Prima di
nasconderci in cantina ha aggredito l'altro agente, gli ha aperto il collo a
morsi e l'ha trascinato giù.
Ora è lui la mia speranza, quest'uomo che non conosco. E poi c'è Ale.
Saranno la mia scorta per qualche giorno. Poi si vedrà.