Festosi i turisti si erano sparpagliati sull’isola, un altopiano su cui si
ergeva solitario il Monte Delo, ma il capitano Kavakis scrutava l’orizzonte
preoccupato. Qualcosa non andava, il cielo era vuoto, il vento assente e le
onde... scomparse, fagocitate in un'unica massa in movimento.
All’improvviso un’ombra oscurò il sole. Pipistrelli, pensò, prima che una
pioggia di escrementi lo investisse. Fu un attimo, poi un boato fece tremare
la terra.
Sulla vetta del monte Kavakis e i turisti fissavano l’orizzonte: un muro
d’acqua si profilava altissimo. Il capitano guardò gli uomini attorno a lui,
vide i loro figli e pensò a sua moglie, ai suoi bambini; chiuse gli occhi,
ringraziò Dio, e pregò che l’altezza raggiunta potesse salvarli tutti.
In pochi istanti l’onda coprì la distanza, cancellò il molo, l’altopiano e
con uno schianto s’infranse contro la montagna. Un turbine di fango, detriti
li avvolse, ma il livello non accennava a salire.
Di lì a poco il fragore confuso delle onde cessò, Kavakis ricominciò a
sperare e trepidante si sporse: vortici ciechi si aprivano come bocche
fameliche. Il mare urlava, chiamava qualcuno.
E la montagna si risvegliò, esplodendo e scagliando pietre tutt’attorno.
Dalla roccia uscì una mano enorme, poi una gamba, una spalla e, infine, un
mostro altissimo si stagliò contro il cielo.
I turisti urlarono, Kavakis urlò, il gigante si voltò e fu come se li
vedesse.
Il mostro li afferrò, li smembrò, li gettò tra i vortici neri. Altri li
schiacciò, stritolò. Alla fine le grida cessarono insieme ai lamenti di
Kavakis, che invocava Zeus tra l’erba insanguinata.
Rimasto solo il ciclope si toccò la cavità dove un tempo c’era il suo unico
occhio e lanciò un urlo per ringraziare suo padre.
I flutti neri iniziarono a ribollire, Poseidone rideva, la trappola aveva
funzionato.