Solitario

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2011 - edizione 10

L'unico rumore nella casa era il tenue ronzio del pc portatile.
Serata fiacca per Roberto. Jessica gli aveva dato buca e lui era rimasto a trascorrere la notte giocando a solitario.
Ma ad un tratto qualcuno suonò il campanello.
Alzò gli occhi verso l’orologio. 00:40.
Turbato, si alzò dalla sedia e si avviò alla porta.
“Si?”
Nessuna risposta.
Aveva abbassato gli avvolgibili delle finestre e pensò di andarne a tirare su uno.
E se fosse...
“Jessy?”
Quando aprì la porta, la secchiata di sangue lo investì in piena faccia.
Non ebbe tempo di fare nulla, che non fosse gesticolare e traballare all’indietro, gridando per lo spavento.
Rimase in piedi, afferrandosi il viso e provando a togliersi dagli occhi, quella roba che gli era piovuta addosso da distanza ravvicinata.

Non vedeva nulla. Sentiva bruciare le orbite e gli scappò un grido di dolore e angoscia quando riuscì a capire che cosa fosse. Sputò, perché il sangue gli era finito in bocca insieme al suo nauseante sapore.
Sentì i pantaloni fradici, farsi appiccicosi contro le cosce.
E in tutto quel caos, la creatura della notte oltrepassò la soglia. Guardò la figura sconvolta di Roberto, facendo dondolare il suo secchio di ferro, su dita simili a piccole radici grigie. La sua altezza superava i due metri e dovette restare piegato, quasi accucciato, per raggiungere la sua vittima.
Essa urlò, quando il muso da gufo fu a pochi centimetri dai suoi occhi infiammati. Le dita dell’essere penetrarono nella sua bocca strappandogli la lingua, e in un attimo, la sua vita.
Più tardi, quella notte, concentrandosi attentamente, si avvicinò al computer e con un dito sporco, riuscì a finire quel buffo gioco di carte che qualcuno aveva chiamato con il suo nome.
Solitario.

Paolo Bertoglio