“Perché non lo liberi?”, mi chiese la donna in nero.
“Perché porterebbe solo morte e distruzione!”.
“Ma non è per questo che lo avete creato?”. L'ombra si avvicinò al vetro
antiproiettile e con una mano salutò l'essere all'interno della gabbia.
“La gente non ha più paura di me, sai questo cosa significa?”. La sua voce
era triste, ma ferma.
“Che le persone ora possono realizzare i propri sogni... possono vivere come
desiderano. Cosa c'è di male in questo?”.
La donna in nero rise.
“Voi non vi rendete conto, avete raggiunto qualcosa che non avreste mai
dovuto conoscere e ora credete che eliminando me, la vostra vita diverrebbe
migliore... siete ciechi e non ve ne accorgete nemmeno”.
L'essere colpì con forza il vetro, facendomi sobbalzare dalla sedia; i suoi
denti digrignavano, mordevano l'aria come se fosse carne: aveva fame e gli
occhi colmi di rabbia.
“Liberarlo è l'unico modo che hai per salvare la tua gente da questa
maledizione”.
“Come può, la vita eterna, essere una maledizione?!”.
“Tu lo sai, tutti voi lo sapete, ma non volete ammetterlo; lentamente non
amerete più, non avrete più bambini, non proverete più nessuna emozione, e
alla fine, la vostra umanità, scomparirà nel nulla”.
La donna in nero mi prese la mano e la poggiò sul grande pulsante rosso.
“E' la paura di morire, che vi fa amare la vita. Sono io che do valore a
tutto ciò a cui tenete”. Senza rendermene conto premetti il pulsante; la
porta in acciaio si aprì e l'essere uscì dalla sua prigione urlando. “Se non
si può morire, allora, come si può vivere?”.
La donna mi baciò e poi, dolcemente, iniziarono le grida.
“Capirete, tra non molto tutti voi capirete e comincerete di nuovo a
esistere”.