Nessuno era mai
tornato dalla Volta, una volta in pietra che segnava l'ingresso nelle
prigioni segrete. Era come fosse l'ingresso degli Inferi, non c'era speranza
per chi varcava quella soglia e Loro volevano che tu lo sapessi. Non c'erano
minacce o percosse, frustate o mutilazioni, era sufficiente l'incombere
della Volta, l'unica cosa che potevo scorgere dalla mia cella.
La cella era pulita e mi davano cibo e acqua a sufficienza, ma potevo udire
in lontananza grida indistinte di disperazione e dolore che erano
sufficienti a farmi temere un destino peggiore della morte.
In preda al terrore mi chiedevo incessantemente come potevo fare i nomi dei
miei confratelli ai loro nemici giurati, ma cosa mi aspettava se non lo
avessi fatto? A un certo punto la porta della cella si aprì e vidi gli
Inquisitori avvicinarsi a me nei loro lunghi abiti neri. Volevo essere
forte, rimanere fedele al mio giuramento, ma confessai subito, sputai fuori
tutto tremando, poi sentii ridere sguaiatamente quelle oscure figure intorno
a me e realizzai ciò che era avvenuto.
Avevo confessato tutto, tradito i
miei fratelli e venduto la mia anima senza che mi fosse mai stato chiesto
nulla, mai inflitti dolore o privazioni di alcun genere, avevo fatto tutto
spontaneamente. Ma fu allora che compresi anche la più terribile delle
verità, ero già al di là della Volta...
Lamenti e grida provenivano solo dalla mia mente e non l'avrebbero mai più
lasciata. Uno di Loro si chinò allora verso di me e con mani rugose e
contorte si scoprì il viso: occhi come braci ardenti e... null'altro. Svenni
subito e rinvenni in un sentiero dove fui soccorso da un viandante di
passaggio. Mi avevano tolto tutto, onore, fedeltà alla Confraternita, i miei
fratelli, tutto tranne la vita, solo perché ormai priva di alcun valore.