Come piume nell'uragano

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2011 - edizione 10

Come piume nell’uragano le notizie, ignorando le smentite ufficiali, volarono frenetiche in ogni angolo dei porti. Voci di navi frantumate e marinai stritolati da una cosa soprannominata Glimmung, che nella lingua di uno dei pochi sopravvissuti significa “montagna che cammina”. Pare abbia le sembianze di un cumulo di nebbia sporca che sole e vento non riescono a dissipare.
Dall’enorme mole prendono forma tentacoli duri come roccia e lunghi come giganteschi serpenti di mare. Il suono fioco del suo lento sdrucciolare sull’acqua mette i brividi alla radice dei capelli. Tremate se di notte sulla superficie dell’oceano brulicano scie luminose: è la luce della Luna che si riflette sul Glimmung.

- L’abbiamo staccato dal ponte della portacontainer che si è avvicinata all’Isola. – Annuncia l’infermiere mentre alza il telo che ricopre il cadavere. L’ufficiale medico vacilla di fronte al nauseabondo ammasso di carne umana. Gli arti, senza dita, sono ridotti a un lungo viluppo d’ossa, stoffa e muscoli. Il sangue sembra come incollato ai brandelli di pelle e della divisa. Sopra agli occhi spappolati il cranio ha più crepe di un terreno arido. Una macchia di materia grigia, appiccicata sulla fronte, assomiglia a un grottesco parrucchino. Come se marinaio... sia rimasto imprigionato in qualcosa che lo ha schiacciato, maciullato e insieme compattato, impedendo alle viscere di schizzare fuori.
Strane briciole trasparenti sono incastrate in numerosi punti del cadavere. Il medico ne esamina una.
Sentenzia, stranito: – Sembra la plastica delle bottiglie di acqua minerale. -
Il rollio della nave ospedale aumenta di colpo, come se lo scafo fosse stato raggiunto da una remota vibrazione. Nell’aria echeggia l’alito di un lontano grido minaccioso.
L’infermiere rivolge lo sguardo oltre l’oblò, verso la sottile linea scura che macchia l’orizzonte.
L’Isola dell’Immondizia, coacervo dei rifiuti ammassati dalle correnti al centro dell’oceano.
Sospira. - L’Isola vive, e odia.

Andrea Cavallini