Si svegliò in un'ora imprecisata della notte.
Scansò la cenere che si era accumulata nella sua coperta di lana infeltrita,
tirò fuori la testa e provò a sentire il vento. Nessun rumore. Niente si
muoveva, niente era vivo.
Attese con gli occhi aperti la debole luce dell'alba fredda e scura.
Tastò con la mano la consistenza gelida della lama. Sentì l'irregolare
presenza di sangue rappreso.
L'alba arrivò, carica di grigiore, freddo e lamento. E arrivò il vento.
Uscì dalla grotta col machete nella fodera e la coperta avvolta come un
poncho. Mise il cappello e si avviò nella landa degli alberi neri.
Vedeva del fumo in lontananza. Idioti. Il fuoco si accende la notte, lo si
tiene coperto e lo si spegne prima dell'alba. Impossibile scorgere il fumo
nella notte scura.
Si avviò verso quel falò dimenticato, annusando le tracce portate dal vento.
Percorse senza difficoltà la selva di rami carbonizzati, frantumandoli sotto
i piedi.
Si fermò davanti ad un albero. A un grosso ramo avevano impiccato un'intera
famiglia. Padre, madre e i due figli. Erano stati sventrati con tagli
verticali, dai genitali al collo. Gli occhi erano stati cavati dalle orbite
e la lingua estratta e infilzata con un legno appuntito. Le gambe erano
state segate all'altezza del pube. Ne avrebbero affumicato la carne e
recuperato e femori, e con la pelle della schiena avrebbero fabbricato
cinture, lacci e bisacce.
Raggiunse il falò. Tre vecchi cercavano invano di scaldarsi. Lo video.
Supplicarono pietà, ben sapendo che per loro non ci sarebbe più stato niente
da fare. Con una mano impugnò il machete e con le altre due i coltelli.
Lasciò cadere il poncho, distese le ali e si librò verso di loro.