Tribù

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2016 - edizione 8

- Xander de Wolf? Leggo sempre la sua rubrica di caccia.
- Grazie, ma ora sto pensando a un romanzo. Ho preso in affitto la Baita per un mese.
- Ah, per questo tante provviste.
- Già. - Saluto e faccio per uscire dall'emporio.
- Attento - avverte l'uomo. Punta il dito all'espositore di giornali e aggiunge: - L'ultimo incidente è di pochi giorni fa.

 

Il padre e il neonato scendevano dalla montagna e il guardrail è ancora rotto nel punto in cui sono volati giù. Dopo la curva il mondo cambia: è tardo pomeriggio e dal cielo cadono cristalli.

 

Finalmente raggiungo la baita dove il freddo urta gli occhi, la vista si offusca e si macchia del rosso che impregna la neve. Un ululato spazza via i fiocchi e raggela ogni movimento. E poi guaiti tra il fruscio dei rami, ringhi dal sottobosco.
Prendo il fucile e seguo la striscia di sangue nella foresta, nell'incanto di stelle, di luna crescente nel blu ciano. Assieme ai miei, altri passi calcano il bianco friabile.
- Chi è là? - urlo e un crollo di neve risponde.
Sussurri. Distolto dal sentiero cremisi - vieni - guardo attorno e sollevo la testa, l'altezza degli alberi dà i capogiri, barcollo - vieni - e inciampo nel cadavere di un uomo. I vestiti lacerati, un paio di documenti, i pantaloni abbassati. Sul torace dell'agente immobiliare, inconfondibili i segni delle zampate.
- Chi è là?
- Ti trema la voce, non devi temere.
- No, non devi.
Una, due, dieci ragazze si palesano in mezzo ai tronchi. Tra ciocche di capelli neri intravedo nudità candide e il segno della loro appartenenza nel dente che ciondola tra i seni.
- Perché avete permesso questo scempio?
- Lui ha ucciso Lupa Kaisha.
Un gemito di donna, lontano.
- Vieni con noi.
Corrono e gli ansiti diventano ferini; corrono e lasciano impronte di calzari e orme di lupo. No, no. Fuggo verso la baita, ma ritrovo le loro braccia; sulla neve lotto perché labbra rosee non catturino le mie.
Non voglio sparare.

 

- Saska, nel bosco abbiamo catturato quest'uomo.
Dal fondo dell'antro due occhi fosforeggiano e una lupa entra nel cerchio di luce proiettata da un'alta apertura. Fiuta e lecca. Devo mantenere il controllo, non posso soccombere ora. Ora che mi getta a terra strappandomi i vestiti, che ulula al cielo, mutando forma e colori. Gli occhi rossi brillano azzurri, il pelo si dirada e svanisce. Appare il corpo di donna: leggero, esile, nudo; stille perlescenti sui capezzoli gonfi. Le ragazze-lupo sono disarmate dalla tenerezza dei cuccioli che tengono in braccio. Devo agire. Il turgore sfiora le mie labbra e io succhio, succhio fino a far sanguinare.
- Bastardo!
Merito uno schiaffo.
- Vuoi il figlio che ti è stato strappato?
- Come sai?
L'azzurro delle iridi si incendia.
- Ho fiuto, Saska.
Risponde con un ringhio quando scorge denti acuminati e sente artigli lungo la schiena. La ribalto.
- Lo avrai a un patto: che il branco sia mio e tu la mia sposa.
- C'è un accordo con Tchewan - ansima.
La luna accarezza i seni frementi. Il tempo sta per scadere. E i ringhi delle ragazze-lupo sono ormai vicini.

Emanuela Di Leo

Emanuela di Leo scrive racconti brevi, tra l’eros e il noir, in mezzo alle nebbie della Pianura Padana.