L'immagine a colori sullo schermo gigante, celestiale visione, domina la buia platea del cinema, gremita di gente ammutolita.
E’ in primo piano, angelo decaduto. Giace nuda con
affusolate cosce divaricate sulla bruciata rena di un deserto ocra. Labbra
carnose, ardenti e capelli neri crespi di selvaggia dea dalla pelle ambrata.
Guidato da istinto atavico, un lungo cobra costrittore scivola silenzioso
sul corpo della donna. Con circospezione, agitando la bifida lingua il
rettile avanza sul petto della giovane smaniosa. Sale sul suo petto, indugia
sul turgido seno, muovendo da un lato all’altro il tozzo capo da cui esce la
lunga, nera, biforcuta lingua indagatrice che le lambisce qua e là la pelle.
Con circospezione, lecca ed esplora, la cada pelle femminile che chiede
sesso. Timoroso, il boa avanza sul suo corpo sinuoso. Tra i due, una sfida
senza sconfitta che supera ancestrali barriere di specie ed alimenta le
profonde, inconsce fiamme di Eros. Con la mano lei vuole peccare; non ha
paura e preme sul pube la parte di serpe che le sta scivolando tra le cosce.
Le dita con lunghe unghia, artigli di felina agilità invece di ghermire,
accarezzano il viscido rettile. Trasale nel percepire le lucide squame
strisciare sul suo sesso, sbocciato come una fresca rosa. E’ amante
sottomessa, serva, preda e predatrice. Ha focosi sospiri di foja che il
rettile vorrebbe soffocare, placare e ingoiare. I crudeli occhi del
costrittore la scrutano con voracità: dolce cibo impossibile da stritolare,
ingoiando senza masticare. Non è attaccabile, plasmabile ed ingoiabile un
corpo così grosso, una preda sotto le sue spire distesa. Seguendo atavici
istinti vorrebbero compenetrarsi. Piena di goduria anela che il rettile
entri in lei attraverso il suo sesso in mezzo alle cosce; desidera
ardentemente che il boa entri nel suo caldo, lubrificato cunicolo vaginale,
che la riempia nel profondo, strisciando tra le viscere ed esca dalla sua
bocca appagato. Se potesse il rettile, non esiterebbe ingoiarla dalla testa,
aspirandosela tra le fauci fameliche verso lo stomaco per digerirla ed
assorbirla nel suo sangue.
La vastità del deserto assolato è piena di arcani silenzi. La legge di
Natura dice:
“E’ lecito ciò che piace.”
Il suo corpo leggiadro giace sotto il costrittore che continua a leccarla con la lunga, mobile, bifida lingua indagatrice. Mentre lecca, esplora le pieghe intime della sua calda pelle. S’intrufola tra il folto batuffolo nero dei peli vulvari. Avvolgendola per i fianchi risale sul suo seno le lecca con delicatezza i duri e scuri capezzoli, poi scorre sul delicato collo di giraffa ed allunga la lingua scura di rettile sulle sue avide, rosse labbra. Lei ha spasimi e gemiti brevi di goduria. E’ Eva che si concede al fosco, tenebroso amante complice nello spingere Adamo al peccato. E’ la donna di Van Stuck, apparizione inquietante in girandole di tremule ombre, trasparente medusa marina in compagnia di un boa che striscia e la cinge, fredda corona di morte.
Secondo la teoria di Schrödingher la realtà procede su due binari paralleli. Nel filmato, la donna e il boa si troverebbero in universi paralleli, ripresi nel momento in cui si sovrappongono. Nell’unico, coincidente istante, la donna avrebbe percepito come se stessa il rettile, il rettile la donna.