“E’ questa la casa?”
“Ma è vecchia!”
“Certo che è vecchia, dove pensi che possa vivere una strega?”
“Non c’è nessuna strega, piantatela di dire fesserie”.
“Zitto! Certo che c’è la strega, non vorrai dirmi che hai paura?”
“No!”
“Allora andiamo”
I tre bambini superarono il cancelletto d’ingresso della casa di London
street. Erbacce e rovi riempivano quello che una volta era un curato prato
all’inglese.
“Chi entra per primo?”
“Entriamo tutti insieme”
Spalancarono la porta d’ingresso, che cigolò sui cardini. Nell’unica stanza
della piccola casetta l’odore era stantio, di aceto e muffa. I muri
scrostati, la luce fioca e la poca mobilia marcia donavano un atmosfera
lugubre, quasi nebbiosa. In fondo alla stanza, seduta su di una sedia a
dondolo, stava una vecchia e accanto a lei un pentolone annerito, agganciato
ad un sostegno dentro il camino.
“Bambiniiii” mugolò la strega
“Stai zitta” rispose con noncuranza uno dei tre.
Si avvicinarono, scrutando attorno senza riguardo.
“Convinto ora?”
“Ho paura”
“La finisci! Non dirmi che credi ancora alle favole sulle streghe che si
mangiano i marmocchi”
La strega allora tentò di alzarsi ma uno dei bambini, il più corpulento, con
uno spintone la rimise a sedere. Era polverosa e rugosa, senza più denti né
capelli.
“Andate viaaaaa” strillò la vecchia, iniziando a confabulare un incantesimo
osceno. La stanza iniziò a ondeggiare e poi a cambiare aspetto, la sporcizia
divenne lustro, lo scarno arredo suppellettili preziose. Anche la megera
assunse sembianze principesche, trasformandosi in una bellissima donzella.
“Tutto qui? Lo diceva mio padre che questa era deboluccia”
“Che facciamo?”
“Prendi il bastone”.
Uno dei fanciulli estrasse dallo zaino una spranga e la colpì sulla schiena.
La strega strillò ancora e si contorse su se stessa, ululando e bestemmiando
e la stanza tornò alle sembianze originali.
“Fatela stare zitta! Non la sopporto più!”
“Tra poco, tra poco”
“Quanto le vorrei strappare le unghie!”
“No, dobbiamo tagliarle la lingua, vuoi che ci spedisca qualche altro
sortilegio?”
“Ma non c’è niente da rubare qua dentro?”
La strega, piegata sulla sedia, vomitò fango e scarafaggi sul pavimento,
alzò lo sguardo e si mise a fissare i bambini
“Gli stuzzicadenti, sbrigati!”
Il bambino corpulento annuì cacciandone una manciata dalla tasca, si
inginocchiò accanto alla megera afferrandola dalla testa glabra e gliene
infilò uno per ogni occhio. La strega iniziò a dimenarsi e graffiarsi la
faccia mentre i fanciulli la osservavano indifferenti.
“Che schifo”
“Puoi dirlo forte”
“Pensa se non fosse stata una strega!”
“Vedi che spari cavolate... è una strega e basta”
“La lasciamo così?”
“Beh morirà prima o poi, no?”
“E se vorrà vendicarsi?”
“Basta non credere alle favole e non guarirà mai. E se qualche bambino
dovesse cambiare idea e cascarci di nuovo, torneremo e questa volta il
pentolone non glielo toglierà nessuno”
“Grazie ragazzi, mi sento uno di voi ora”
“Puoi dirlo forte.”