Un rumore di piedi
trascinati sul pavimento la svegliò: le 3.45 e Claudio non era al suo
fianco. Loredana lo immaginò misurare a piccoli e pesanti passi la stanza al
piano superiore: lo studio di Gloria. Il Mausoleo di Gloria.
Gloria era morta alcuni mesi prima. Pochi giorni dopo il funerale, il
cadavere era stato trafugato dal cimitero. Le indagini erano ancora in
corso, ma il corpo non era stato ritrovato. Claudio aveva raccolto tutte le
cose della moglie nello studio, trasformando quella stanza nel punto focale
della “corrispondenza d’amorosi sensi” che lo univa a lei. Era il suo modo
per sentirla accanto, per percepirne la presenza fisica.
Questo le aveva raccontato nel breve corteggiamento di una sera.
Spinta dalla curiosità e da quell’empatia, che fin dal primo sguardo, aveva
provato per lui, Loredana si avviò lungo le scale. Vide una luce filtrare da
sotto la porta. Si avvicinò e appoggiò l’orecchio: passi strascicati e un
ronzio di sottofondo. E quell’odore... Un odore pungente. Loredana pensò a
un qualche animale riuscito a entrare e incapace di ripercorrere i suoi
passi.
Persa in questi pensieri, non si accorse dello spegnersi della luce, né
della maniglia che ruotava verso il basso.
La porta si socchiuse lentamente su un’oscurità che pareva formata da una
miriade di piccole ali in movimento.
Mentre i contorni degli oggetti iniziavano a prendere forma sulla sua
retina, fece un passo avanti: col piede nudo calpestò qualcosa che,
spezzandosi, emise uno schiocco secco. La porta si chiuse alle sue spalle.
L’oscurità la ingoiò. Il ronzio le entrò nel cervello mentre sentiva
migliaia di zampette posarsi sulla sua pelle.
“Claudio?” bisbigliò. Nessuna risposta, solo quel rumore di piedi strisciati
con fatica sul pavimento.
All’improvviso la luce fu accesa. Un lampo. Una cecità di brevissima durata
la separò dall’orrore, dalle ossa spolpate che giacevano sul pavimento,
dalle pareti dagli improbabili disegni pop art di sangue rappreso, dai
brandelli di carne che facevano da piedistallo a sculture mobili di sciami
di mosche.
Poi la vide. Un corpo deforme, gonfio, tanto da sembrare prossimo
all’esplosione, avanzava lentamente, ma inesorabilmente, verso di lei. Occhi
morti la fissavano con cupidigia, mentre mani coperte di terra si
protendevano nella sua direzione.
Mentre l’orrore prendeva dimora dentro di lei, privandola di ogni capacità
di reazione, Loredana capì di aver raggiunto le donne che, dopo Gloria,
l’avevano preceduta nel letto di Claudio.
Confusa tra urla, che non era in grado di riconoscere come sue, sentì la
voce di Claudio:
“Buon appetito, amore!”