Ti chiameranno Charlie

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2011 - edizione 3

La grossa mannaia s’arresta di schianto sul tagliere tumido di sangue. La zampa del macellaio, zigrinata e del colore dell’ardesia, prende a setacciare la carne in cerca dei pezzi migliori. Mi sfugge un grugnito, ho già l’acquolina. Mette alcuni in una vaschetta, con cura, altri sono lasciati cadere in un secchio lurido, di canto al banco, raschiati via dal legno da unghie aguzze e incrostate: occhi, orecchie, dita contorte, capelli aggrovigliati, alcuni lembi di pelle e degli orribili e mollicci genitali.
«Il cervello?» chiede sardonico. Sa benissimo che lo detesto, ma ogni volta me lo domanda. La cresta rossa e i bargigli gli ballonzolano, mentre se la ride sotto il becco: è un vero impertinente!
«Per carità, per carità!» rispondo urtata.
«C’è altro?»
«Bene così!» sentenzio. Oggi è la vigilia di Natale e con questo la spesa per la cena è conclusa.

Mi copro per bene, fuori fa freddo. Manca un solo negozio da visitare, quello di Miss Grebory, la miglior boutique della città. Mio marito ne sarà felice. Spingo la porta con lo zoccolo, Miss mi accoglie gracchiando. Che belle piume le sue, nere come la pece, e che becco lucido, una gran classe quella della signorina Grebory. Mi chiedo perché non abbia ancora trovato marito: una come lei, così giovane e bella non dovrebbe avere poi tanti problemi.
«Ho bisogno del suo aiuto Miss» le dico. «A mio marito serve una giacca nuova». Mi scruta, gracchia ancora, fa strada.
«Questa fa proprio al caso di suo marito, trent’anni appena, pelle bianchissima, spalle larghe, non una smagliatura mi creda, neppure un neo, un pezzo unico. I capezzoli sono della stessa misura per giunta, in perfetta simmetria, guardi qui, una rarità, perfetti. Senta poi che liscia e osservi l’ombelico; dia retta a me, per questo prezzo le rifilerebbero di certo una di quelle giacche con l’ombelico sporgente, un abominio!».
Guardo soddisfatta, è quello che cercavo. Pago e poi esco.

 

«Eccoci qua, abbiamo finito». Il cucciolo piagnucola; l’ho fatto aspettare troppo, credo. Gli allungo una caramella per farmi perdonare, vanno pazzi per certe cose. È un po’ infreddolito e spero non si becchi un bel raffreddore. Le ginocchia sono screpolate, ma il veterinario mi ha assicurato che dopo un po’ fanno i calli e via ogni dolore e sangue. Allunga una manina toccandomi la giacca. «No piccolo, così mi sporchi». Sorrido. È davvero dolcissimo. Do una pettinata con lo zoccolo ai suoi capelli biondi. Sciolgo la catena dal segnale stradale e lo tiro per il guinzaglio. «Forza andiamo, oggi conoscerai i tuoi padroni, vedrai ti piaceranno, due maialini meravigliosi. Sai, ti hanno preparato una cuccia bellissima. Avrai il tuo spazio verde per giocare e fare i bisogni, la tua scodella, e qualche volta, lo prometto, potrai anche entrare in casa. Non dovrei dirtelo piccolo, ma già hanno deciso che nome darti. Vuoi saperlo, vero? Te lo leggo in faccia. È stata Margaret a pensarci e devo dire che è proprio un bel nome, ti chiamerai Charlie!»

James Carroll Wish