La forca dondola dietro al trattore, tratteggiando sull’erba secca
l’ombra di una mostruosa anatra dal becco aperto. L’afa è tale da increspare
l’orizzonte e le cicale, più che un canto, sembrano intonare una protesta.
Vitale ha lasciato il motore acceso, mentre aspetta sua moglie con il carro:
con un sorriso, nota che l’erbicida funziona e nel fieno agostano non c’è un
filo di gramigna. Ha fatto bene ad aumentare le dosi. Scende e s’incammina
verso lo strano oggetto. È un ammasso giallastro, da cui sbucano alcune
schegge bianche. Avvicinandosi vede che è viscido e composto di piccoli
pezzi. Lo tocca con un dito, annusa, poi afferra uno degli spunzoni e tira.
Infilzato sulla punta penzola qualcosa.
Quando capisce cos’è, il vomito arriva come un’eruzione.
«Che ti avevo detto?»
«Bugiardo! Ce l’hai messo tu!»
«Dài! Vai a controllare se non ci credi!»
Patrick non risponde. Continua a osservare la balla di fieno, in mezzo al
campo d’orzo appena mietuto.
Anche strizzando le palpebre e alzando una mano per domare il sole, non
riesce a mettere a fuoco i contorni di quell’ombra scura, accovacciata sul
grosso cilindro verdastro.
Nicholas incrocia le braccia sulla maglietta sudata e assume un’espressione
trionfante.
«Vai su, che ti sputtani da solo».
Patrick lo guarda di sottecchi. Incuriosito, si dirige con passo deciso
verso l’insolita figura. Le suole di gomma piegano gli steli recisi con un
crocchiare rumoroso: gli sembra d’essere un soldato in marcia.
Rotoballe, pensa mentre si avvicina, ma non ricorda chi glielo ha
insegnato. Nicholas gli rompe le scatole da una settimana: gli parla di
fantasmi, streghe, gnomi... rimangiandosi a ogni versione quella precedente.
Ha provato persino a disegnarne uno, ma sembrava soltanto un grumo di terra
con gli occhi.
Identico a quello che ora ha davanti.
Dopo qualche istante Nicholas lo raggiunge.
«E allora?»
«Vuoi stare zitto?» Patrick gli offre la schiena e con la mano tocca il
fieno, facendo attenzione a non pungersi.
La balla è più alta di lui e quasi bollente e sopra non c’è più nulla. Non
era terra, di questo è sicuro, e nemmeno un gioco di luce. Da come si è
nascosto, scivolando fluido dentro il fieno, gli è parso una via di mezzo
tra un’ombra e colla liquida. Forse Nicholas non ha torto: quel grumo
nerastro ricordava proprio uno spettro.
«Ma l’hai visto, no?» lo incalza, avvicinandosi.
«Certo che l’ho vi» Patrick s’interrompe. Nel campo, sopra ogni rotoballa,
ne sono comparsi altri.
Quando sua moglie arriva, Vitale è ancora carponi, squassato dai conati. La bocca spalancata riesce a malapena a tremare. Dietro gli occhi sgranati, la sua mente continua a proiettare l’immagine del frammento d’osso, e del dito che vi era appeso.
«Cosa siete?»
Il ragazzo lo grida, smuovendo l’aria infuocata d’agosto, ma gli esseri
scattano e si nascondono nel fieno.
Innervosito, prende a calci uno dei cilindri.
Non si accorge che gli altri, frusciando, hanno cominciato a rotolare.