Acqua velina

Vincitrice del concorso "Premio Scheletri", 2011 - edizione 3

Pensa i miei pensieri.
Realizza questo, Raffaele, quando decide di farsi una doccia e la figura umida di fronte a lui batte le mani, in uno spruzzo di vapore, e lo precede – felice – fino al bagno. Anche se non ha faccia, si capisce che è felice, da come inclina la testa, contrae le spalle e svolazza trotterellante, fino a posare la linea piatta del bacino sul coperchio del water. Poi puntella il gomito, la testa nel palmo, e aspetta.
Da ore ormai lo accompagna per la casa. È la prima volta, che dura così tanto.

 

***

 

Raffaele trattiene il respiro, e quando pensa sia abbastanza caldo, avvicina le labbra alla finestra e lo soffia contro il vetro. Il vapore si addensa in una nuvola, un muro di nebbia su cui trova riflessa la sua faccia.
Il polpastrello scivola sul vetro solcando la condensa in un lieve squittio. Pochi moventi, veloci, prima che la nuvola scompaia, lasciando solo strisce appiccicose sulla superficie.
Ci vuole più fiato.
Più rapidità.
Riprova: il volto arrossato dall’apnea, il fiato sul vetro. Il dito scorre fluido e preciso sul contorno dell’immagine riflessa.
Teme di fallire ancora, quando trova l’idea: trascina il polpastrello in orizzontale, seguendo il bordo dell’infisso, fino a ricongiungersi col primo tratto.
Chiude il disegno, completa la sagoma, e prima che tutto svapori, ecco un velo liquido staccarsi dal vetro, come un adesivo dai bordi pretagliati. È di una sottigliezza tremula, un foglio d’acqua velina.
Raffaele osserva eccitato la figura sospesa.
Ricorda la prima volta che ha giocato col vapore: la meraviglia d’una farfalla posata al di là del vetro, appannata dal suo respiro incuriosito. Il dito a disegnarne il contorno, la figurina staccarsi e volare, fino a liquefarsi sul pavimento. Poi l’ha fatto con un merlo sul davanzale. Un cane randagio. Un passante.
Ma è la prima volta, che riesce a realizzare un altro sé.
La differenza sta sotto il bacino: un taglio netto, niente gambe.
Gli basta immaginare che la figura sorrida, ondeggi la mano, schiocchi le dita, perché questi gesti si realizzino, prima che svapori.

Raffaele s’infila sotto l’acqua bollente. Il vapore satura il box, appannando i cristalli, e per lui è un sollievo: la figura non ha occhi, eppure sembra lo fissi.
S’insapona le braccia, le spalle. Il petto. Il sesso.
Trasale, quando la mano scivola sotto la coscia. C’è uno scalino, un vuoto. L’acqua si raccoglie in un grosso rigagnolo dove mancano le gambe.
Strizza gli occhi, annaspa, tocca l’assenza dei suoi arti e scuote il capo, sconvolto, terrorizzato.
Si aggrappa al maniglione, spinge la porta e scivola, fluttuando su gambe di vapore che non può controllare. La testa schianta sul cristallo con un colpo che ne crepa lo spessore. La schiena sbatte sulla pedana in un crocchiare di costole. Tutto trema. Qualcosa s’infrange e cade.
Raffaele sviene, mentre l’essere d’acqua velina ciondola le sue nuove gambe dal bordo del water. Più in là, oltre una lama di cristallo, le cosce tranciate e il sangue.

Valchiria Pagani