Il teatro delle streghe

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2011 - edizione 3

Il petulare dei rintocchi di quel vecchio e rassicurante campanile sulle sponde del lago le fece riprendere il contatto con la molle realtà. Si risvegliò con la pigra lentezza della Domenica, da una parte pentendosi di dover abbandonare le coperte, ma dall’altra sollevata e felice di separarsi dall’insensato incubo di cui era stata vittima. Il piumone sprigionava il dolciastro profumo della sua pelle, ancora accaldata da quel sonno angoscioso. Seduta sul ciglio del letto, un raggio di sole, penetrando dalle feritoie della tapparella, le scaldava le magre dite dei piedi... faticava a ricordare il perché di quella sensazione bella e dolorosa, ma sapeva che la notte era stata molto agitata...
“Forse non è stata una buona idea, la separazione... faccio sempre più fatica a dormire”, rifletté guardando distrattamente il blister sul comodino.
Nella confusione del risveglio non aveva badato a quei due piccoli tagli all’alluce, che invece nella luce asettica del neon del bagno divennero troppo evidenti. Dove se li era procurati? Era quasi sicura che la sera precedente non ci fossero.
Tornò in camera e sollevò il piumone.
Una piccola ma evidente macchia di sangue andava rapprendendosi proprio lì, alla sinistra del letto, in mezzo alle pieghe del lenzuolo.

Per un attimo ebbe la sensazione di perdere l’equilibrio... tentò di convincersi che le sue gambe fossero ancora mezze insonnolite, ma sapeva che non era così. Cercò di focalizzare la sua attenzione, a fatica, tra i postumi del sonnifero, e la scarsa lucidità del risveglio.
Una nenia risuonava nella sua mente...“fenar ulsensteufos rekezeek fenar ulsensteufos”.
Corse al telefono, in preda ad un’angoscia che si faceva sempre più forte, e senza sapere bene quale numero comporre.
Prima di poter afferrare la cornetta, però, l’ansia si fece orrore.
Si accorse della presenza di alcune schegge sparpagliate sul pavimento, alcune delle quali macchiate del suo sangue. Appena oltre, un piccolo Cristo, che non più tardi della sera prima era incollato a quei frammenti di legno, ed appeso alla parete. Ora giaceva a terra, calpestato e deformato.
Possibile che avesse fracassato a calci il crocefisso?
fenar ulsensteufos rekezeek fenar ulsensteufos”.
Nel tinello, i resti di un orrendo pasto...
Aggrappandosi agli ultimi scampoli di realtà, arrotolò compulsivamente la tovaglia così da far piazza pulita del macabro scempio, ma la vista del pentacolo che era scolpito sul tavolo le tolse nuovamente il fiato.
Sollevò la testa a cercare rifugio nella luce del mattino, che sempre più irruente entrava dalle finestre socchiuse. Non le fu di nessun sollievo. Si fece sempre più largo in lei la consapevolezza agghiacciante e spaventosa di essere perduta.
Spalancò le persiane d’istinto, come se quella fosse l’ultima porta per uscire dall’incubo. Tuttavia il riflesso delle onde del lago non fece altro che mostrarle la verità.
Le sue paure si erano oramai stemperate nell’acqua dolce e trasparente.
Ad essa si abbandonò.

Alessandro Mandelli