SARDEGNA 1953.
Percorse a cavallo gli undici chilometri che separano Orgosolo da Mamoiada.
Qualche ora di trotto per quella strada impervia. Doveva cercare una donna,
conosceva il suo nome non il suo viso.
Non gli fu facilissimo trovarla, la gente aveva molto riserbo su di lei.
Quella comunità cercava di proteggerla. Trovò una figura dal carattere forte
e duro come la pietra.
Dopo il loro incontro lei gli chiese da subito le condizioni del malato, lui
gli disse in stretta lingua barbaricina che era in uno stato penoso.
Tornò al suo paese e attese con la sua famiglia per due giorni.
Era notte tarda quando sentirono bussare alla porta. Era arrivata a cavallo
assieme a suo marito, mentre in un altro stava suo figlio. Entrambi erano
forti e massicci, vestiti in velluto nero e con i berretti in testa.
Salutarono ambedue con un semplice cenno della testa. Furono tutti accolti
nella cucina e venne offerto loro ristoro.
Piano piano poi, la porta della stanza del moribondo si aprì. Era in uno
stato di semi-incoscienza, vedeva tutto molto offuscato. Gli si materializzò
improvvisamente una grossa figura vestita di nero, stava di fronte al suo
letto e aveva il volto coperto. In un istante capì.
Cercò di urlare ma era troppo debole per farlo, strinse forte le mani alla
pelle di animale che gli faceva da coperta. Vide poi sollevarsi su mazzolu
(un martello di olivastro lungo quaranta centimetri), le braccia della donna
protese sempre più in alto, verso il cielo; in quell’istante pregò
velocemente. S’ACCABBADORA in un attimo e senza indugi calò l’arnese. Gli
assestò un fortissimo colpo in mezzo alla fronte, ponendo così fine alle sue
ultime agonie.
Dopo averne constatato la morte, si fece il segno della croce e uscì di
nuovo in cucina dove fu accolta calorosamente dalla famiglia del malato per
quel suo gesto di bontà.
Ma successe l’imprevedibile e nello spazio di pochi secondi, mentre ancora
venivano donati beni della terra come segno di ringraziamento, la porta dove
vi era il morto si spalancò all’improvviso, esso era in piedi dinnanzi a
loro, con un grosso segno rosso in mezzo alla fronte. Con uno scatto veloce
si appropriò del mazzolu appoggiato sopra la sedia e colpì violentemente la
vecchia con la sua stessa arma. Tutti gli uomini della casa gli si gettarono
sopra, ma lui aveva un’incredibile forza sovraumana. Una lama di arrasoja*
addirittura gli bucò il ventre, ma lui non si arrestò, si sa che è
impossibile uccidere una persona già morta.
Si liberò di tutti loro, si chinò a terra e toccò la vecchia, stavolta fu
lui a costatare la morte di lei. Dopo di che uscì indisturbato fuori dalla
casa sotto gli esterrefatti degli altri presenti. Si portò dietro su mazzolu
che poco dopo seppellì nelle campagne poco distante e sparì nel nulla.
Questo fu ufficialmente l’ultimo intervento della donna ACCABBADORA in
Sardegna, dopo la sua morte nessuno ne prese più il posto.
*Arrasoja: coltello sardo fatto a mano.
PS. S’Accabbadora è una figura realmente esistita in Sardegna, e i suoi
ultimi “interventi”secondo gli studi si sono avuti proprio nell’anno 1953.
Accabbadora deriva dal sardo Accabbai: finire, ultimare.