“La scatola meccanica
per musica è esaurita
rimane solo l’eco in lontananza”
Francesco Guccini
La notte che Paul McCartney fu sostituito una pioggia furiosa scrosciava da
ore contro le facciate in mattoni rossi degli edifici di Abbey Road, quasi a
volerli dissolvere.
Era una gelida serata di febbraio del 1966, un mercoledì. Dopo l’ennesimo
violento litigio con John Lennon, Paul era uscito dagli studi di
registrazione della EMI sbattendo la porta, e, dopo una corsa a razzo sotto
la pioggia battente, era salito a bordo della sua austin rossa.
Inserita la chiave nel quadro dell’accensione era rimasto a guardare fisso
davanti a sè, le mani serrate sulle razze del volante in pregiato legno di
radica.
Mi chiamo Paul McCartney,
ho 24 anni
e sono all’apice del successo
recitò a bassa voce, ma, stranamente, a differenza di altre volte, non ne
provò alcun giovamento. Del resto sapeva bene quanto vano fosse ogni
tentativo di illudersi: le cose non stavano procedendo come avrebbero
dovuto. Tra i quattro Beatles stava circolando energia negativa. In
breve tempo piccole crepe si erano andate trasformando in baratri. La causa
aveva un nome ed uno solo: John Lennon. Già, proprio lui, John l’ascetico,
John il pacifista. Chi, come Paul, lo conosceva nel privato sapeva quanto
John, in stridente contrasto anche con quei suoi occhialetti alla Ghandhi,
era capace a volte di esternare idee così elementari da apparire violente.
Stava per avviare il motore quando notò qualcosa fermo davanti alla
macchina; qualcosa che, la pioggia, scorrendo a torrenti sul parabrezza,
rendeva indeterminato come una piccola chiazza di colori liquefatti.
Un presentimento lo colse: qualcosa o... qualcuno?
Accese i fari ed azionò i tergicristalli.
Ma cosa accidenti...
L’immagine che gli si parò davanti per un attimo lo raggelò. Cosa Cristo
ci faceva quella ragazza ferma impalata di fronte al cofano con le braccia
aperte e la testa rovesciata all’indietro! L’aura spettrale che sembrava
circondarla altro non era che l’acqua che fumigava tutto intorno a lei.
Imprecando, Paul scese dalla macchina. Raggiunta la ragazza la scosse con
violenza per le spalle. Lei, come distolta da un torpore letargico, lo fissò
con i suoi enormi occhi resi docili forse da qualche droga.
Indossava un vestitino di jersey a fiori con le frange che a Paul bastò per
etichettarla come tipico esemplare di quel Summer of Love che, da
qualche tempo, imperversava per le strade di Londra. - Cos’è, uno spinello
di troppo? - le chiese gridando per sovrastare il fragore della pioggia. -
Oppure hai semplicemente litigato con il tuo boy friend? Vieni,
forza, che ti porto al riparo.
La ragazza si fece trascinare dentro la macchina senza opporre resistenza.
- Ce l’hai un nome? - le chiese.
- Rita - rispose lei.
Bene, stabilì John, alla piccola figlia dei fiori la favella non mancava. Ma
aveva tutte le rotelline a posto? Bisognava accertarsene.
- Guardami, Rita - le disse. - Mi riconosci?
- ... Paul?
- Ebbene sì! Ti trovi sana e salva a bordo della austin rosso
fiammante di Paul McCartney. Ed il geniale Paul (stiamo parlando
dell’incontrastato idolo di tutte le teen ager, non dimenticarlo) è
seduto al tuo fianco, desideroso di rendersi utile.
La ragazza lo fissò con sguardo assente senza dire nulla.
- Ehi, non voglio dire che mi sarei aspettato gridolini isterici,
intendiamoci, neanche però quella faccia da funerale. Mi guardi come se...
come se vedessi un fantasma, ecco! Cos’è che non va?
- Nulla - si affrettò a dire la ragazza scuotendo la testa in un modo che
Paul giudicò deliziosamente infantile.
- Non ti credo, Rita. Vedo troppo turbamento su quel tuo bel visetto. Ti ha
mai detto nessuno che Paul McCartney è una persona maledettamente curiosa?
Dunque ora tu dovrai dirmi tutto.
- E’ solo che... solo che...
- Avanti, Rita.
- ... solo che... Paul Is Dead!
- Paul Is Dead! Non ho mai sentito una sciocchezza più grossa.
- Oh, sì, Paul Is Dead! - ripeté lei con convinzione.
Paul decise di assecondarla. Mise le mani in avanti in un gesto come di
resa.
- Ok, Paul is Dead - disse. - Devo ricordarmi di andare a sbraitare dal mio manager. Non è ammissibile che sia sempre l’ultimo ad essere
informato su quello che mi accade. A proposito, Rita, tu da chi lo avresti
saputo della mia... cioè della morte di Paul?
- La notizia della morte di Paul orbitava per l’etere da un po’.
- Orbitava per l’etere?
- Oh, sì. Niente altro che tante piccole particelle che, prese una per una,
sarebbero potute sembrare insignificanti. Sentivo che il segreto stava nel
saperle mettere insieme... assemblarle tra loro, capisci? Quando infine sono
riuscita a farlo, ho compreso che la morte di Paul era solo questione di
tempo. Non bisognava fare altro che aspettare. Quando i Beatles hanno
fatto uscire il loro ultimo album mi è stato sufficiente tenerlo in mano per
avere la conferma che Paul Is Dead.
- Un momento, Rita: hai detto l’ultimo album dei Beatles. Intendi
Rubber Soul. Un ottimo vinile, non credi?
- Non solo un ottimo vinile. Rubber Soul è la loro cosa migliore fino
ad ora.
- Già, la migliore anche per me. Però non è strano? Voglio dire: più i
rapporti tra me e John si deteriorano, più la nostra musica si evolve.
La ragazza sorrise mostrando denti piccoli e regolari.
- Non c’è nulla di strano - disse. - L’arte dei Beatles si nutre di
disarmonie.
- Disarmonie? Sì, decisamente il concetto mi piace. Voglio farti una
confidenza: lo sai cosa va dicendo in giro John? No? Bene, allora te lo dico
io: che Yesterday è l’unico brano decente che io abbia mai composto.
Ci pensi? E’ solo invidia. La realtà è che gli brucia il fatto di non averlo
composto lui.
- John è affascinato da Yesterday, ne ammira la struttura semplice ed
efficace. Lui è consapevole di quanto sia complesso essere semplici. Ma John
desidera anche altro.
- Un momento, lasciami indovinare! Posso facilmente immaginarlo cos’altro
desideri quel pazzo egocentrico di John: vedere la sua bella faccia stampata
sulla copertina del Times, giusto?
Rita sorrise. - Forse... - disse enigmatica. - Non è quello però a cui stavo
pensando io.
Paul non poté fare a meno di apprezzare, in Rita, quella spiccata capacità
che aveva di far seguire, al corso dei propri pensieri, strade trasversali.
Cercò quindi di sollecitarla:
- Da come parli si direbbe che tu conosca John Lennon quasi meglio di me.
Illuminami su di lui, avanti: sono tutto orecchi.
- Vedi Paul, io so con certezza che John sogna di realizzare un album
innovativo, rivoluzionario, tutto psicadelico dall’inizio alla fine. Un
album che, per chi lo ascolta, sarà come partecipare ad un acid trip.
- E’ vero, posso confermartelo. E’ così da quando John vive in uno stato di
perenne letargia lisergica. Si è messo a sperimentare: incide la sua voce
sopra nastri che fa andare al contrario. Dice di farlo perché l’LSD
amplifica la sua mente. Però, vedi Rita, rimango perplesso, non so proprio
se sia questa la strada giusta da seguire. Nel mio intimo tutto questo
estremizzare lo vedo come un tradimento nei confronti di quel vecchio e
rassicurante british pop che ci ha permesso di diventare i numeri
uno, e non solo in Gran Bretagna.
- Sono le perplessità di Paul, la sua mancanza di coraggio, il grande
cruccio di John, lo scoglio che non sapeva come aggirare. Così almeno è
stato fino ad oggi. Ora... ora è diverso.
- Ora che Paul Is Dead, vuoi dire?
- Sì, ora che Paul Is Dead.
- Stavi dicendo che è stato ascoltando Rubber Soul che hai avuto la
certezza della morte di Paul.
- No, non ascoltando il vinile. Mi è bastato prenderlo in mano e studiarne
la cover.
- Oh, se si tratta semplicemente di questo, abbassati ed infila una mano
sotto il tuo sedile, ci troverai una copia di Rubber Soul. Prendila,
voglio capire anche io.
La ragazza recuperò l’album e, tenendolo sulle ginocchia come un vassoio, lo
mostrò a Paul che, nel frattempo, dopo aver acceso la luce del lunotto, si
era fatto col busto un po’ più verso di lei.
- Soffermati un momento sul titolo - disse Rita. - Rubber Soul è
scritto stranamente a forma di cuore rovesciato. Ogni cuore rovesciato è un
cuore spezzato, infranto. Ma è nella foto vera e propria che si trovano i
segnali più evidenti. Tu che cosa ci vedi?
- I quattro Beatles, ovviamente.
- Sì, ma io ti chiedo di osservarla con occhi diversi perché questa immagine
ha un suo significato nascosto. Per decifrarlo bisogna tener conto di certi
particolari che potrebbero sembrare solo frutto di scelte casuali. La
particolare angolazione prospettica, per esempio. Non è curioso che la foto
sia stata scattata dal basso? Infatti dietro i quattro Beatles campeggiano
le fronde verde cupo degli alberi. Già così l’immagine ha un sapore
tremendamente crepuscolare. Ma c’è dell’altro: Paul, Ringo e George sono
intenti a guardare verso la loro destra; John, al contrario, ha lo sguardo
fisso direttamente dentro l’obiettivo che è posto in basso. Ti sei chiesto cosa sta guardando John?
- Me lo sto chiedendo ora, Rita, e la risposta è: non ne ho la più pallida
idea.
- Allora te lo dico io: John sta guardando Paul.
- No, ti sbagli, io... cioè Paul è sulla destra di John proprio a fianco di
Ringo!
- No, Paul Is Dead. Per cui Paul è dentro la fossa. John guarda Paul
che è dentro la fossa e sorride. E’ soddisfatto. Si è finalmente liberato di
lui, e con lui anche della sua pochezza artistica. Ovviamente la foto non è
altro che il risultato di una rappresentazione inconscia di quello che deve
ancora succedere. Paul al momento dello scatto è ancora vivo.
- Se al momento dello scatto è ancora vivo, allora quando è morto
Paul?
Rita fece una lunga pausa prima di rispondere.
- Possibile che tu non lo abbia ancora capito? - disse infine. - Paul è
morto pochi attimi fa.
- Pochi attimi fa! Tu sei pazza.
- Non sono pazza. Dopo l’ennesimo litigio con John, Paul è uscito dagli
Studios della EMI ed è salito a bordo della sua austin. Si
sentiva furioso. Ha messo in moto ed è partito a tutto gas. Pioveva forte e
lui guidava accecato dalla rabbia. Per non travolgere una ragazza che
attraversava la strada, ha dovuto sterzare. Le ruote hanno pattinato
sull’asfalto e la macchina si è andata a schiantare contro un muro. Prima le
fiamme, poi una violenta esplosione. Mi dispiace Paul, ma il tuo corpo in
questo momento sta ancora arrostendo tra le lamiere contorte.
Paul sorrise scuotendo la testa. - Paul Is Dead! E’ la cosa più assurda che
mi sia mai capitata di ascoltare. Eppure... eppure detta da te, Rita, non
sembra poi così assurda. No, non lo è. Tu però sostieni che sono morto pochi
attimi fa. Su questo devo contraddirti: la verità è che io sono morto ormai
da tempo. Artisticamente intendo. Quel megalomane di John non ha tutti i
torti. Sono stato un buon compositore di british pop. Ed ora mi si
pone di fronte ad un bivio: o proseguire sulla rassicurante strada
intrapresa sinora, il che significa aggiungere zucchero alle cose che ho già
fatto, oppure rompere con il passato e buttarmi sulla strada impervia ed
accidentata della sperimentazione. Quello che ho capito, Rita, è che la
psicadelia non è nelle mie corde.
- Sono cose alle quali non occorre più pensare. Ricorda che ora Paul Is
Dead.
- Come prenderà la notizia della mia morte il resto del gruppo?
- Per tutti loro la morte di Paul non sarà altro che un piccolo incidente di
percorso. Paul McCartney verrà sostituito perché la musica deve andare
avanti.
- Già, la musica deve andare avanti. Immagino che, arrivati a questo punto,
tu ti aspetti che io ti domandi chi sei? Non temere, non lo farò. Non sono
mai stato amante del melodramma.
- Grazie Paul, te ne sono grata - disse Rita, - così facendo mi risparmi un
compito gravoso. Dimmi: sai anche quello che è necessario che tu faccia ora?
Paul annuì con la testa. Sì, sapeva quello che doveva fare. - Ti chiedo solo
un momento - disse. Sentiva una profonda arsura in gola. Chinandosi, aprì il
cruscotto e prese una fiaschetta di Gin. Dopo averla stappata ne bevve
lunghi sorsi.
- Il mio ricostituente per il fegato - disse asciugandosi le labbra col
dorso della mano.
Prima di gettare la fiaschetta vuota sotto il sedile ebbe la netta
impressione che l’austera Regina Vittoria raffigurata sull’etichetta ovale
gli avesse strizzato l’occhio. Sorrise. In fondo l’essere stato nominato
Pari dell’Impero Britannico non è cosa da tutti. Neanche per un Beatles.
La pioggia fuori stava ora creando una cortina d’acqua talmente fitta da
fargli percepire l’abitacolo dell’auto come un bozzolo protettore.
- Possiamo andare? - chiese Rita.
- Ma sì, certo che possiamo andare.
Paul girò la chiavetta del quadro e il motore prese a rombare. Abbassò la
frizione ed innestò la marcia. Guardò per un’ultima volta quella strana
ragazza seduta tranquillamente alla sua sinistra. Nella cristallina
trasparenza degli occhi di lei si riflettevano i bagliori di un lontano
incendio. Pigiò allora a fondo il pedale dell’acceleratore, e, prima di
rilasciare la frizione, chiuse gli occhi.