Amedeo è un diavolo,
le castagne dannati che bruciano all’Inferno.
Morbide, succulente castagne, i gusci carbonizzati dalle fiamme, la pasta,
all’interno, dolcissima. Alla sagra paesana, la gente le adora – scacciano
il freddo, zuccherano il palato. Amedeo le rimesta nel pentolone, e quasi
non sta dietro alle richieste. Suda nonostante la temperatura glaciale,
ghigna di soddisfazione, gli manca solo il forcone.
Un botto.
Succede spesso, lo scoppio di una scorza o del legno che arde, ma Amedeo
soffoca un grido. Un bruciore sulla spalla – una scintilla, un frammento
bollente deve averlo raggiunto. Fa per toglierlo, un gesto distratto della
mano, e il respiro gli si consuma di colpo.
Una castagna sembra incollata alla pelle nuda, la tenera, saporita polpa
aggrappata a quei muscoli flaccidi. Confuso, la spalla in fiamme, Amedeo
stringe i denti e la toglie, ma tre caldarroste, e poi quattro, sette,
dieci, gli saltano addosso. Il fuoco lo travolge, divampa sulle braccia,
invade petto e collo, esplode in faccia.
Un sopracciglio, gli zigomi, un occhio accecato. La più infame lo raggiunge
alla bocca, gli frigge le labbra, gli ustiona la lingua, gli blocca la gola.
Amedeo brucia e soffoca, non riesce a muoversi, con uno
spiraglio scorge la pioggia di castagne assassine, come briciole di metallo
attirate da un magnete. E altre ancora ne arrivano, quelle già vendute
strappano i sacchetti e si appiccicano sulla carne libera, incenerendola.
Invoca aiuto, Amedeo, ma la brace morbida in gola glielo impedisce. Sente
solo i mormorii della gente spaventata, le esclamazioni inorridite, sente
tutto addosso a sé, incollato come le caldarroste.
E vede.
La gente ora si contorce, si tiene la pancia, stringe le dita sulla carne
che sembra gonfiarsi. Schizzi di sangue diventano densi fiotti, la poltiglia
di castagna lacera stomaci e addomi.
Amedeo chiude l’occhio prima di essere investito.