Alex rimase a
fissare la lapide anche dopo la chiusura del cimitero. Finì la bottiglia di
whisky, farfugliò qualche preghiera e si puntò la pistola alla tempia.
“Il suicidio dannerà la tua anima e non farà certo rivivere tuo figlio...”
sussurrò una voce.
In un’aura di luce Alex vide avanzare una figura umana dai lineamenti
aggraziati e con due piumate ali bianche.
“Un... angelo?! Ho bevuto troppo!” disse e sparò al bagliore, inutilmente.
“Sei sempre stato un buon credente e proprio ora vacilli?” chiese l’angelo.
Allora Alex lo sfidò: “Se sei reale dammi una prova: riportalo in vita!”
L’angelo fece un sospiro. “Questo non posso farlo. Ma posso concederti di
parlargli per qualche minuto così vedrai che ora sta bene. Vuoi
raggiungerlo? Allora concentrati” disse.
Alex chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò in un posto affollato.
Dopo un attimo di smarrimento riconobbe quel luogo.
“Signor direttore, c’è da firmare una pratica” disse una donna a un uomo
paffuto.
Alex riconobbe anche l’uomo paffuto. S’accorse d’avere in mano ancora la
pistola.
“Maledetto bastardo” gli urlò Alex, con gli occhi pieni di lacrime, “senza
quel prestito non ho potuto far curare mio figlio... ora lui è morto e mia
moglie mi ha lasciato. Crepa!”
Alex iniziò a sparare. Freddò tre clienti della banca prima di riuscire a
uccidere il direttore e di essere ammazzato a sua volta da un agente della
sicurezza...
Nella sua mente l’angelo vide ogni cosa.
Sogghignò. “Ben fatto, sei stato un buon investimento, Alex” disse.
Ripensò alle parole del suo Signore: “Spremete la rabbia umana fino
all’ultima goccia.”
“Odio questo travestimento per allocchi” aggiunse. Le ali bianche
diventarono nere, la luce che lo circondava sparì in un alone d’oscurità, i
lineamenti divennero grevi. Poi tornò all’Inferno. Forse sarebbe anche
andato a salutare Alex.