«Non è come uccidere un uomo», disse il sergente con un
tono di voce apertamente seccato, guardando fuori dalla finestra.
«Io non ho mai ucciso un essere umano», ripeté il ragazzo tenendo la testa
bassa come se provasse vergogna per questo. «E sono certo di non riuscire a
commettere un omicidio a sangue freddo».
«Ma ti dico che non è omicidio», rispose l’altro cercando questa volta di
fissarlo negli occhi. «Vedrai che là fuori in mezzo a tutto quello schifo,
riuscirai a uccidere. Questa è la mia opinione e sono sicuro che non mi
deluderai».
«Ci proverò», disse il giovane timidamente. «Spero tanto che non si sbagli
sul mio conto».
«Sei stato assegnato al Gruppo “H” con partenza fissata per questa notte
alle quattro e trenta. Tutto chiaro?».
Il ragazzo annuì un paio di volte con il capo e lasciò la stanza in
silenzio.
Provava disgusto per quella gente. Si era unito a loro solo perché erano
stati gli unici a sapersi organizzare dopo il giorno del contagio. Quanto
accaduto negli ultimi mesi aveva definitivamente cambiato il mondo e se
voleva vivere doveva adeguarsi. Sarebbe rimasto con loro, almeno per un po',
e avrebbe fatto ciò che gli chiedevano. Catturare o abbattere quelle che un
tempo erano state persone.
«Ehi tu, recluta, passami un po’ di fildiferro. Di quello grosso. Dai cazzo, ti vuoi muovere che non lo tengo più. Bloccagli la testa... bravo. Ancora un altro giro attorno ai polsi... così... finito. Tieni, passaglielo attorno alle caviglie... stringi forte, ancora di più. Basta, gli sta venendo via la pelle. Senti come strilla. Questo qui è bello stagionato. Saranno almeno sei mesi che è morto, non puzza neanche più. Carichiamolo sul furgone, su aiutami. Dai, uno, due, e... tre. Fatto. Muoviamoci, ce n’è un altro laggiù».
Diego Capani è nato a Grosseto il 28\04\1968. Dopo gli studi si trasferisce a Milano dove vive e lavora.