Solo quando varcò la
soglia dell’obitorio dell’ospedale e abbassò lo sguardo davanti al grande
crocefisso che sovrastava le bare, si accorse di aver indossato due scarpe
diverse e il dolore che aveva represso fino a quel momento lo scosse fin
nelle ossa e fuoriuscì dalle orbite in rivoli acquosi.
I fazzoletti dei presenti si adoperavano frenetici, impegnati
alternativamente ad asciugare il dolore e ad eliminare il sudore dai volti
lividi in quella mattina d’agosto; colavano come candele votive davanti a un
Santo.
Affacciato sul feretro, si accorse che gli sguardi dei parenti saltavano con
insistenza agli operai che nell’angolo della stanza erano intenti ad
installare un condizionatore d’aria. Ora capiva quella sensazione d’attesa
sui volti dei presenti: non erano per il prete che ritardava. Solo allora la
sua postura si modificò, catturato dalle tute viola dei tre lavoratori e
dalla loro strana somiglianza; non sembravano tre gemelli ma tre espressioni
diverse della stessa persona.
Diversi minuti dopo il sollievo fu doppio: l’arrivo del sacerdote coincise
con la fine dei lavori. I tre, con movimenti silenziosi, azionarono
l’apparecchio refrigerante, raccolsero gli attrezzi e chiusero la porta
d’ingresso.
L’aria cambiava lentamente, e ai primi piaceri del freddo
seguirono delle scosse, pura elettricità che attraversava la stanza e faceva
tremare i presenti a ritmi diversi. Forse solo i defunti ascoltarono le
parole del prete: ”... e nel giorno del giudizio cammineremo insieme
nell’ombra del Signore...”, quando si svegliarono e in modo repentino
cominciarono a divorare i cari, che come vespe impazzite in un alveare non
trovarono altra via d’uscita che nella morte.
La stanza sembrava un cuore aperto: sangue, arterie e carne ancora viva
ovunque, al battito furioso degli zombi. Questa fu l’ultima immagine che
impressionò il suo cervello prima di capire, abbracciato ai piedi del
Cristo, che pregare non sarebbe servito a niente.
La mia passione per il cinema horror italiano (Lucio Fulci & co.) mi ha portato per la prima volta a mettere nero su bianco i miei "incubi".