L'aveva
sognata più d’una volta in quelle notti d’inverno sfumate di grigio e
bianco, graffiate dagli artigli del gelo. Portava con sè quei suoi
lineamenti dolci, le sensazioni provate, i ricordi che cullava nel cuore.
Era il suo sedicesimo compleanno e Mandy Wright prese in mano la foto del
sogno e si perse nei ricordi e nel dolore, rinchiusa in quel paese
dimenticato da Dio e sola.
Il cielo era plumbeo e gorgogliava come un mostro, l’aria colma di
malasorte.
<Ormai non può andare peggio, se n’è andata... vorrei tornasse!>.
A volte i desideri si avverano, i miracoli avvengono.
A volte a realizzarli è l’uditore sbagliato...
Il volto nella fotografia ghignò con occhi rossi d’odio.
Mandy gridò terrorizzata lasciando cadere la cornice e il vetro andò in
mille pezzi schiantandosi a terra.
Vento gelido spirò alle sue spalle.
La ragazza si voltò di scatto, impaurita. Tutte le porte e le finestre erano
serrate.
Tremò all’idea che le sovvenne e prendendo il cappotto al volo si lanciò
fuori dalla porta, correndo in strada.
Pochi minuti dopo aveva di fronte i cancelli del cimitero e il suo corpo
tremava senza ragione. Il cuore era stretto in una morsa dolorosa, velenosa.
“Non andare!” gridò a se stessa.
Avanzò. Doveva vedere, essere certa.
Poco distante mani tinte di terra e sangue ferivano l’aria uscendo dalla
tomba, scavando con violenza.
Spalancò gli occhi dall’orrore e cadde sulle ginocchia pietrificata,
tenendosi i capelli tra le mani. Era come se fango venisse gettato sui suoi
ricordi e sentiva la sanità mentale venirle rapita.
Un corpo uscì dalla terra scorticando le sue stesse membra putrefatte.
Doveva fuggire, ma le gambe erano zavorre insostenibili.
Avrebbe voluto morire, ma ormai anche la morte sembrava priva di
significato.
Era così vicina da poter leggere il nome sulla lapide:
JOHANNE WRIGHT!
<Mammaaaa!!>.