Dark pit stop

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

Il cigolio della carrozzina fa da colonna sonora ai cupi pensieri di Roberto, fissi sulle immagini di quella Domenica pomeriggio.

 

Intorno tutti guardano le comete multicolori che corrono lungo il circuito. Roberto osserva il volto di Tommaso, su cui intravede un’ombra che non gli aveva mai visto prima. Sono amici da sempre: dalla scuola, dal primo corso in polizia, ora nelle squadre speciali.
Come ogni missione conoscono solo l’essenziale: un organismo alieno è rintanato nel corpo di un pilota: per terminarlo durante la gara li uccideranno entrambi. Il piano è semplice ma fottutamente strano: camuffati da meccanici, Roberto deve inscenare un guasto, spingere la vettura nel box, chiudere la saracinesca per consentire a Tommaso di avvicinarsi indisturbato e trapassare il cuore del pilota con un trapano armato con un chiodo di legno.
Al rientro per il cambio pneumatici tutto accade con la velocità della luce.
Mentre Tommaso attiva l’arma il pilota reagisce con un agghiacciante latrato che nulla ha di umano. Le sue braccia scattano come terminali di macchine automatiche, sbriciolano le cinture di sicurezza e afferrano la testa di Tommaso, che urla come una belva ferita. Roberto si lancia sull’amico afflosciato sull’abitacolo, la testa penzoloni da un cordone di carne, in tempo per dare l’ultimo colpo al legno e vedere due luminosissime pupille verdi scintillare di odio. Il corpo del pilota esplode in una nuvola di polvere nera mentre una violenta ondata di aria gelida getta in aria Roberto come un fantoccio.
Lo raccolgono con la schiena spezzata mentre singhiozza di terrore.

Roberto arriva in fondo al vialetto dell’ospedale; per l’ennesima volta gira la carrozzina.
Con occhi vuoti guarda la striscia di asfalto davanti a lui e il plaid rosso fiammante che gli fascia le gambe: subito la testa corre a quella Domenica.
L’incubo fa un altro giro.

Andrea Cavallini