«Vieni qui, puttana, adesso ti do quello che meriti!»
grida l'uomo, lo sguardo lascivo, il cappello lercio calcato sulla testa.
«Fermo!» La voce mi trema, non farei paura a una pulce.
«E tu che cazzo vuoi?»
Fa un passo verso di me. Cerco di scansarmi.
Un lampo freddo mi attraversa il ventre, rimango a boccheggiare assetato
d'aria mentre il fegato mi si dissangua.
Lo vedo sopra Anna che scalcia disperata, poi un luccicore metallico e un
grido.
È allora che i miei occhi diventano ciechi.
***
Prima non sapevo dove finissero le anime.
Luce, calore e un refolo di vento: ci stacchiamo dai nostri corpi insieme
con un battito d'ali, la scena di dolore di poco prima sorvolata dall'alto
come in un film. Niente ci interessa più: solo odore di erba tagliata e
fiori.
Volteggiamo leggeri coccolati dalla brezza mentre i giorni passano tra i
colori e le nuvole.
Uno accanto all'altra, Anna e io, insieme.
Come noi intere famiglie, intere generazioni: farfalle variopinte,
scarafaggi scuri, libellule, persino zanzare e mosche.
Tutti in quel paradiso di libertà.
Tutti felici: anime immerse in una nuova vita. Senza Santi, senza latte,
senza vergini: solo noi e un'eternità da vivere.
***
«Guarda cosa ho qui» disse Emma.
«Sono bellissime!» rispose la sorellina, in mano una bambola tenuta per i
capelli.
«Lo sai che le ho prese insieme?»
«Non ci credo!» esclamò Manuela incantata.
«Volavano vicine. Ho preso la prima e l'altra l'ha seguita nel retino»
Fissarono il loro tesoro per qualche minuto.
«E adesso? Che facciamo?»
«Dai, andiamo a colorare!»
Anna appoggiò il barattolo sul davanzale della finestra per correre via
veloce con la sorella.
Dentro la prigione di vetro due farfalle disperate colpivano il vetro.
Sempre più piano.