Pioggia che
flagellava l’asfalto, vento che sbatacchiava le tapparelle, lampi e tuoni
dal cielo in rivolta. Fuori si scatenava un furibondo temporale.
Dentro era quiete. L’uomo si rigirò nel letto, disturbato da quel concerto
improvviso. Si alzò sbadigliando. Rapida sosta al bagno, poi andò verso la
cucina, per bere. Movimenti di routine, automatici, senza bisogno di
accendere le luci.
Molti punti luminosi, nell’oscurità del soggiorno. I led rossi della
televisione e del decoder, la spia triangolare arancione del cordless,
quella tonda blu del videoregistratore. Il computer portatile e il cellulare
erano in carica, due bagliori gialli sul tavolo. L’orologio digitale dello
stereo indicava: 03:27 am in un neutro grigio elettronico.
Un nuovo, violento fulmine. L’interruttore del salvavita scattò, secco come
uno sparo. I punti luminosi scomparvero, accompagnati dal lugubre brontolio
del tuono.
L’uomo si bloccò in mezzo alla stanza, confuso. Non si era spento proprio
tutto. In un angolo, vicino alla finestra, erano rimasti due globi dorati
fiammeggianti che, semplicemente, non potevano esistere. Sbattè le palpebre,
mentre sentiva un mugugno prolungato.
Il lamento si trasformò in un ringhio, alito marcio e umido gli giunse alle
narici. Quei punti luce si animarono, avvicinandosi. Preda dello shock, non
riuscì a fare più nulla, neanche quando vide il sinistro baluginio di zanne
d’argento.
Mentre l’intensità del temporale andava scemando, in casa tornò la corrente
e, con essa, la soffusa e rassicurante illuminazione tecnologica del
soggiorno. Non proprio tutta, però. L’ora sullo stereo era coperta dal
sangue ancora caldo dell’uomo.