Spalancò gli occhi
nella penombra. Stavolta era sveglia davvero: reale, il freddo pungente cui
era condannata nella sua camera in collegio. Le vacanze avevano reso
l’edificio un deserto, e allora perché quel sibilo sommesso? Dal lato
sbagliato, poi. Lì c’era la finestra, non l’altro letto – comunque vuoto.
Il sogno le aveva lasciato addosso sensazioni terrificanti. Immobile,
privata del coraggio di allungare una mano verso l’interruttore della luce,
si guardò attorno cercando sicurezza in ciò che conosceva. Passò in rassegna
la porta, chiusa, l’ingresso, l’appendiabiti, il letto, l’armadio, la
scrivania della sua compagna di stanza, la sua scrivania, l’ombra scura del
suo armadio, la finestra, l’ombra scura del suo armadio.
No.
L’armadio era accanto al letto, dopo la finestra. Prima non c’era niente,
non ci doveva essere niente.
Ancora quel sibilo.
Tremante, guardò meglio l’ombra. Era il suo sogno, il suo incubo. Una figura
indistinguibile con il volto celato. Un’ombra e basta, che a fissarla
sembrava di essere diventati ciechi.
Istantaneamente chiuse gli occhi.
“È solo un altro stupido incubo” pensò “ora mi sveglio”. Sotto le coperte
sollevò la maglia del pigiama e si pizzicò la pancia, stringendo forte con
le unghie.
“Ahia!” bisbigliò, riaprendo gli occhi.
L’ombra era ancora lì, immobile accanto al suo letto. Sembrava addirittura
più vicina. Terrorizzata, non le importava di ciò che avrebbero pensato le
altre in collegio, voleva solo gridare forte. Prese fiato per urlare.
Quello che uscì fu silenzio. Meno di un sussurro, il suo grido si era
trasformato in una flebile espirazione e con orrore si accorse di essere
muta e paralizzata.
Non riusciva a muoversi e l’ombra si stava avvicinando davvero. In piedi
accanto al letto la guardava con occhi ciechi, come schernendo i suoi
inutili tentativi di cacciarla.
L’ombra allungò decisa una mano scheletrica e le sfiorò il viso. Poi, buio.
Beatrice Bellucci, 27 anni, segno zodiacale: gemelli. Maturità scientifica, laurea in scienze della comunicazione a Bologna, attualmente in cerca di collocazione geografica e lavorativa (non necessariamente in quest'ordine). All'inizio voleva diventare giornalista, poi ha capito che quello che vorrebbe davvero è lavorare in ambito redazionale: di scrittori pare ce ne siano troppi, come se non bastasse la crisi del mercato del lavoro. Dopo anni passati a scrivere sul retro degli scontrini e sui biglietti del treno pubblica un mini-libro di favole: il suo ego smisurato, raddoppiato a causa delle peculiarità del suo segno unite alla lettura di troppi oroscopi, la porta così a decidere di tentare la sorte dei concorsi letterari.