Sudavo, eppure i
miei piedi erano gelidi. Mi giravo e rigiravo nel letto, ansimando. Qualcosa
mi stava soffocando. Portai una mano alla gola; poi l’abbassai al petto. Fu
allora che lo sentii: era pesante, ruvido, emetteva un sibilo orrendo.
Aprii gli occhi; No, dilatai gli occhi! La Marmacoea, il mostro, era sopra
di me. Lo riconobbi dalle descrizioni che ne avevano fatto i compaesani:
snodato come un serpente, con la testa piccola, la bocca larga, la lingua
saettante, l’alito fetido. Coperto di squame scure, con chiazze rossastre,
il lungo corpo del mostro si snodava giù dal letto, sul pavimento,
attraversava la porta aperta, occupava il corridoio e arrivava fino alla
lontana cucina da dove giungeva una luce giallognola. La Marmacoea, dicevano
i paesani, viene di notte, ti sale addosso e si piazza lì, sul petto e lo
stomaco.
T’incanta con il bagliore degli occhi e il saettare della lingua. I
miasmi di fogna che ti alita sul viso, ti stordiscono. Ti immobilizza. Non
puoi urlare, non puoi parlare, non puoi girarti e scappare. È orrore allo
stato puro. Ti uccide così. Arriva sempre d’ottobre e ogni anno si porta via
qualcuno. Il gelo, salito dai piedi, ora mi aveva invaso il corpo. Il sudore
s’era ghiacciato sulla pelle, i capelli appiccicati sul viso, il pigiama,
incollatosi sulle braccia, le aveva legate in una camicia di forza.
La Marmacoea è venuta a prendersi la sua nuova vittima, pensai: Io. Non
avevo scampo, lo sapevo. Rinchiusi gli occhi e mi raccomandai l’anima a Dio.
Nella luce livida del primo mattino, le coperte erano a terra, sparse per la
camera, lungo il corridoio e arrivavano fino in cucina, dove era rimasta
accesa una tenue luce. Io, di un pallore mortale, giacevo sul letto
disfatto. Ero ancora vivo. Per grazia divina!
Sono sposata, ho tre figli, due maschi e una femmina, lavoro come dipendente comunale, ma sono anche giornalista-pubblicista, iscritta all'Ordine dei Giornalisti del Veneto, dal 2001. Amo scrivere racconti e di tanto in tanto partecipo a dei concorsi di narrativa.