Non so un cazzo,
pensava Mattia spiando il buio fuori dalla finestra, non so un cazzo e sono
davanti al professore più bastardo dell’ateneo. Provò a deglutire ma il
groppo rabbioso non voleva saperne di andare giù.
Il professore lo osservò di sbieco attraverso gli occhiali senza montatura,
e dopo quel che parve un’eternità disse sei semplici parole: - Secondo me lei
non ha studiato.
Mattia boccheggiò: - Come ha detto?
- Mi ha sentito. Insegno da oltre trent’anni, ormai gli studenti disperati
li riconosco a naso. Mi risponda francamente: lei è preparato?
Mattia si guardò attorno. La cattedra, le sedie, le pareti, tutto in quell’aula
gli appariva normale, eppure lui aveva l’impressione di trovarsi in un mondo
a parte, di essere al centro di una burla. Arrossì e rispose: - No.
Il professore si concesse una smorfia ironica: - Apprezzo la sua onestà. Del
resto in facoltà non è rimasto nessuno, ci possiamo permettere certe
confidenze. Mi dia il suo libretto, per favore.
Mattia obbedì. Il professore prese il libretto, vi vergò sopra un trenta,
firmò e glielo riconsegnò. Mattia non riusciva a spiccicare parola: il
professore più bastardo dell’ateneo gli aveva appena dato trenta senza
neppure interrogarlo. Stava sognando? Stringendo tra le mani tremanti il
libretto, quasi temesse che il voto evaporasse via, Mattia mormorò: - Io non
capisco...
- Lei non deve capire. Lei deve correre.
Mattia alzò gli occhi e solo allora notò che il professore sorrideva,
mettendo in mostra una selva di denti aguzzi. Denti da predatore: - Trenta
non è soltanto il voto. Sono anche i secondi di vantaggio che le concedo.
Sa, questi appelli mi mettono addosso una fame...
In preda al terrore Mattia ruzzolò dalla sedia e corse verso la porta, già
sapendo che non avrebbe mai fatto in tempo.