I resti di Anguillara
Sabazia erano deserti. I pochi residenti preferivano ancora rintanarsi
piuttosto che reincontrare per strada un parente adattatosi all'ematofagia o
ritrovare il proprio cane con tre teste fameliche. Tutto va bene, voleva
pensare la gente.
Tutto andrà bene, pensava deciso lui.
Non lo impaurivano le aberrazioni, nemmanco la milizia: la sua carta
d'identità raccontava la bugia di un certo Fabrizio-qualcosa, il quale forse
stava riportando a casa delle malridotte bottiglie d'acqua riempite
all'unica delle Dodici Fontane della fonte Clavdia rimasta in piedi.
Fedina pulita. Morte recente. Il Disastro aveva spazzato via vite e cose,
non i pregiudizi, pensò. Così si mise il documento in tasca, ringraziò il
cadavere sbranato e proseguì.
Qualche ora dopo l'attenzione di "Fabrizio" fu richiamata da una figura
seduta sul lungolago. Finalmente, un altro.
Si era sollazzato ultimamente con quello che era scappato di casa, sotto
all'ex vicolo Grondarella; qualche settimana prima con le due nascoste tra i
vagoni smembrati sulla FR3...
"Fabrizio" serpeggiò nell'ombra degli enormi pioppi malati, eccitato. Era
fatta.
Nell'avvicinarsi sentì forte la graveolenza del lago Bracciano, nel quale
galleggiavano metalli bellici, cartelli d'allerta di rischio biologico e
corpi infasciati. La figura era ferma, di spalle.
Lui sentì un'erezione spingergli i calzoni stracciati. Solo pochi metri,
pensò.
La figura era un uomo.
Lui così li preferiva. Rallentò il passo per godersi il momento.
Era un ragazzino.
Lui mugolò di piacere, l'erezione quasi doleva. Tirò di tasca una lercia
corda di violino. La tese.
Era nudo.
Lui lottò per non venirsi addosso, voleva mantenersi il piacere per quello,
mentre lo soffocava...
Nudo?
Il volto del ragazzino scattò all'indietro, era una ventosa, pure il petto,
anche al di sotto: un gigantesco tentacolo; altri due emersero dalle acque
giallastre che schiacciarono sul pietrisco "Fabrizio". La poltiglia così
formatasi fu trascinata nel lago.
Sparì.