Solamente un fruscio
leggero ne manifestava l’esistenza. Dopo qualche giorno i rumori si erano
trasferiti dalla camera al soggiorno, ed ora erano aumentati, da fruscii si
erano trasformati in ticchettii, colpetti come di becco, ansimi leggeri.
Donatella non conosceva il vicino del secondo piano, e non riusciva ad
immaginare cosa potesse fare per produrre, sempre e solo di notte, quegli
strani rumori.
Guardava la televisione quella sera di ottobre inoltrato, quando, pur
essendo ancora giorno, i fruscii e gli stridii ricominciarono, sempre più
forti, insieme a colpi di martello.
Donatella, un poco spaventata, decise di andare a dormire, e libera da quei
suoni, stanca della giornata, si addormentò appena toccato il letto. Dieci
minuti dopo era già sveglia: i rumori erano tornati anche sulla camera, non
proprio sopra, ora sembravano provenire dal pavimento, dalla stessa camera.
Donatella di scatto prese il telefono e chiamò Umberto chiedendogli di
venire da lei, che aveva paura che... Nel riquadro della porta un’ombra si
stagliò, portandosi dietro tutti i rumori che echeggiavano sinistri nella
camera. Donatella emise un urlo agghiacciante. L’ombra, divenuta un alto e
nero figuro sogghignò e stesa la mano le gettò sul letto una manciata di
grilli e poi ancora vermi nerastri e viscidi e poi ancora scarafaggi
verdastri.
Donatella ormai non riusciva più nemmeno a parlare mentre Umberto
la chiamava, gridando che sarebbe arrivato.
Troppo tardi: il cuore di Donatella aveva cessato di battere. Un infarto,
diagnosticò il vicino di casa Dott. Caloscuro, non c’era altro a cui
pensare: la giovane era riversa sul letto, la casa vuota, nessuna
effrazione. Peccato, morire così a trentanni.
Scesa l’oscurità, dal piano superiore un uomo magro e nerovestito, con una
grande valigia, scese le scale, attraversò l’androne, poi si avviò vero sud.
“La prossima volta sarà più facile, amichetti miei.”