Pochi metri
separavano Etienne e Talisse dal porto di Marsiglia. I piedi sanguinavano,
la voce si era arrochita a furia di pregare insieme al gruppo, invocando il
Signore perché li conducesse vivi fino a Gerusalemme. - Ecco! - urlò
Etienne, aggrappandosi al braccio della sorella - Ora lo fa!
Nicolas era poco più giovane di loro, ma aveva occhi da profeta. Etienne
tentò di toccargli le vesti, ma fu spinto tra gli altri bambini. Non c’era
spazio per sedersi, ma anche stare all’impiedi era come riposare: a
mantenerli dritti erano le migliaia di persone in attesa del prodigio.
Etienne fissava il mare, quando gli parve che si aprisse, ma era solo
un’onda. E tante furono le onde che contò fino a stancarsi. Vide gente
flagellarsi e provare a camminare sulle acque. Etienne e Talisse non
sapevano nuotare e furono salvati da Ugo, un pescatore (puzzava di marcio),
che, subito dopo, li sottrasse alla sassaiola diretta verso “il piccolo Mosè”,
offrendo loro un passaggio fino a casa.
Etienne si strinse a Talisse, mentre il vecchio raccomandava di non vomitare sulle reti. Si assopì, al suono della campana della cattedrale. Non era più convinto che Cristo fosse più potente di Maometto, come gli aveva confidato la Vergine in una lettera dal cielo. Se solo fosse riuscito a toccare Nicolas, forse le ferite si sarebbero sanate e le acque ritirate come nel mar Rosso. Avrebbe avuto la certezza di andare in Paradiso. Per ora era l’inferno quello che ardeva nella sua testa. Sentì la mano di Talisse tastargli la fronte. Scottava. Ugo, di profilo, aveva un sorriso piagato: lebbra? Lento il suo collo ruotò, mostrando un volto incavato da cicala rinsecchita. Dalla bocca rivoli di melma tradivano un pressante desiderio di mordere. Etienne trasalì: - Signore Gesù, rendici la Santa Croce! - Il vento tirava nella direzione sbagliata.