Tommaso prova a
urlare.
Vorrebbe farlo fino a spezzarsi le corde vocali ma, quando apre bocca,
un’altra manciata di sale gli si riversa in gola, facendolo tossire.
È dappertutto. Tra i capelli, nelle narici, dentro agli occhi. Ormai ne è
completamente ricoperto e lo sgomento iniziale ha lasciato il posto a un
terrore che mai avrebbe pensato di poter provare.
Lo sfrigolio che sente è come un trapano che gli perfora il cervello. A
Tommaso viene in mente la carbonara della sera prima. Lo stesso identico
suono. Ma, a notte inoltrata, è molto difficile che sua mamma si sia messa a
trafficare in cucina con fornello e pancetta affumicata.
No, è un qualcosa che proviene da lui, lo sente. Da dentro di lui.
La cosa che è entrata dalla finestra lo fissa con occhi gonfi di odio mentre
gli riversa altro sale addosso.
Sembra quasi che ci provi gusto.
Tommaso tossisce ancora e sputa per terra. Cerca di allungare un braccio
davanti alla faccia per evitare che un’altra cascata di sale gli finisca in
bocca ma scopre di non potersi più muovere e che la pelle, bianca come
gesso, sta cominciando a sciogliersi.
Anche suo fratello ha smesso di muoversi. Ormai è solo una sagoma indistinta
sotto le lenzuola. Lì, ai piedi del letto, il sale si è raggrumato in una
poltiglia schiumosa.
«T-teo...» cerca di dire. Ma le parole gli si spezzano in gola. Il ricordo
del pomeriggio passato insieme al parco è lontano anni luce.
Una lacrima lascia un solco sulla guancia incrostata.
Appena prima di scomparire sotto l’ennesimo fiotto di sale, Tommaso getta
un’occhiata alla finestra, spalancata sulla notte.
C’è un’enorme scia umidiccia, nel punto in cui il lumacone è entrato.