Crepi l'avarizia

Ormai non si torna indietro. Niente mi farà cambiare idea. Se poi c’è di mezzo l’amore, come in questo caso, non conosco esitazione. L’amore, già... era iniziato in una notte qualsiasi, in un locale, mentre andavo in cerca di sollazzo e nutrimento e non di sentimenti. Le cose non puoi mai prevederle. Io almeno non ne sono capace. Mica mi chiamo Nostradamus.
Comunque, mi trovavo in un club gay per divertirmi all’insaputa di Marcus. Pensavo di esserne innamorato; quando invece ero semplicemente succube della sua personalità. Era stato lui a rendermi ciò che sono. E stavo al suo fianco perché da solo mi sarei sentito smarrito. E ne aveva approfittato, senza concedermi un briciolo di tenerezza; e per giunta dovevo sopportare la sua avarizia, forse il più fastidioso dei peccati capitali. In principio, cercai di non badarci; ma il suo atteggiamento era realmente irritante; tanto che quella sera me ne andai al club. Intendevo tradirlo con uno degli adoni vestiti di pelle, intrippati nel sadomaso e nel fetish, che frequentavano quel posto. In verità, quando io e Marcus cercavamo vittime, era là che ci recavamo. E le prede le trovavamo facilmente, considerando la nostra bellezza. Infatti i malcapitati si avvicinavano a noi, non appena ci notavano, come mosche attirate dal miele.
Ma quella volta era diverso, anche se ancora non lo sapevo. Non appena entrai nella sala, i sensi furono sommersi da una marea sonora di rock sparato ad alto volume. Non c’era molta luce; i ragazzi preferivano la penombra. Osservai una distesa di corpi muscolosi che ballavano, come demoni in un festival della carne. Alcuni sedevano al bancone del bar, intenti a bere, a conversare, coinvolti negli approcci. Altri, appoggiati al muro, si limitavano ad osservare la scena, aspettando di essere avvicinati da qualcuno; o pronti a puntare un figone disponibile. Io pensavo alla lite con Marcus di mezz’ora prima. Si era nutrito per poi lasciarmi qualche avanzo. E, soprattutto, ricordavo le sue parole offensive. Insomma, come mi considera?, mi chiesi; un corpo da utilizzare e basta? Non conto proprio niente per lui?

Non mi accorsi che un ragazzo mi fissava. Non immediatamente, almeno. Poi però sentii l’intensità del suo sguardo. È una delle mie doti: capire quando mi osservano. Lo osservai a mia volta. Era bellissimo. I lineamenti del viso erano perfetti, i capelli biondi e corti. Indossava un giubbotto sbottonato e sotto era a torso nudo. Si intuiva che aveva un corpo ben fatto. Mi concentrai sui pantaloni di pelle, sulla zona pelvica, in particolare, e decisi che era giusto. Sorrise e fu il sorriso a conquistarmi.
Però non mi avvicinai. Se mi vuole, decisi, deve essere lui a venirmi dietro. Perciò gironzolai per il locale, presi un paio di drink e lui non mi tolse gli occhi di dosso neanche per un istante. A un certo punto, dopo essermi appoggiato a una parete, me lo ritrovai accanto. Non pronunciai una sola parola. Si chinò su di me e mi chiese: “Hai un nome?”
“Non c’è bisogno che parli all’orecchio. Anche se la musica è alta, ti sento benissimo.”
E’ un’altra delle mie doti. Ho l’udito potenziato. Percepisco suoni infinitesimali, rumori appena accennati, piccole vibrazioni. Ovviamente non si aspettava una risposta del genere. Ma ne fu intrigato. E, incuriosito, disse: “D’accordo. Dimmi come ti chiami. Io sono Stefano.”
“Piacere di conoscerti, Stefano.”
“E tu sei...?”
“Non mi chiamare. Non ti conviene.”
“Oh, sei pericoloso, quindi.”
“Forse.”
“Ottimo. Mi piacciono quelli pericolosi.”
Non sapeva nulla. Non sospettava. Però, visto da vicino, era uno schianto. Iniziai a provare un intenso calore. Non era provocato solo dalla lussuria.
“Sei in compagnia?” mi domandò.
“No.”
“Perfetto. Vieni spesso qui?”
“Sì. Quando voglio divertirmi.”
Sorrise. La risposta fu di suo gradimento. E già pensava alla notte che avrebbe passato con il sottoscritto. Poverino, mi dissi; non sa cosa lo aspetta.
“Ti andrebbe di venire con me?” mi chiese.
“A casa tua?”
“Be’, sì... non ti va?”
“Sei sicuro di volerlo? Non mi conosci nemmeno.”
“Certo che sono sicuro... e ti potrò conoscere meglio.”
Pensai a Marcus. Mandai mentalmente al diavolo lui e la sua avarizia e seguii Stefano. Non la faccio lunga. Facemmo l’amore come due selvaggi. Quando agivo insieme a Marcus, non ci concedevamo sesso con le vittime. Passavamo subito al sodo. O meglio, lui passava al sodo e dovevo accontentarmi degli avanzi. Ma stavolta decidevo io. Quindi, come ho detto, lo facemmo. E accadde qualcosa. L’unione dei nostri corpi fu fenomenale. Stefano mi donò sensazioni mai provate prima. Lo capii quando raggiungemmo insieme l’orgasmo.
Mi ero innamorato. E ne fui spaventato. Sì, credevo di amare Marcus ma evidentemente ero in errore. L’amore autentico era diverso e ciò che sentivo in quel frangente lo provava. Come avrei gestito la cosa? Guardandolo, intuii che aveva le stesse sensazioni. Rinunciai al nutrimento e me ne andai. Ma nelle sere successive lo vidi di nuovo. E i nostri incontri notturni diventarono un’abitudine. Con il passare del tempo, Stefano comprese che gli nascondevo parecchio; non mi faceva piacere, intendiamoci, però lui era normale. Io no e, a mio avviso, non era possibile comportarsi diversamente. Marcus, dal canto suo, non fece caso al mio tormento. Come di consueto, pensava a se stesso.
Poi, una sera, dopo aver fatto l’amore, Stefano, abbracciandomi forte, disse: “Adesso non ti lascio andare. Ti tengo stretto così... finché non mi dirai cos’è che nascondi.”
“Io... io non posso dirtelo.”
“Non puoi o non vuoi?”
Eravamo in piedi, al centro della stanza. Dalla finestra penetrava la pallida luce lunare che illuminava debolmente la camera, rendendola irreale.
“Se ti rivelassi la verità, mi odieresti, Stefano” dissi.
“E’ impossibile. Ti amo. E lo sai.”
La mia forza era superiore alla sua. Mi sarebbe bastato un lieve movimento per liberarmi. Ma non gli avrei mai usato violenza.
“Stefano, per piacere...”
“C’è un altro, vero?”
“Non...”
“E’ così, giusto?”
“Sì. Però...”
“Però non hai il coraggio di mollarlo. Perché è un bruto e ti tratta male. Forse ti condiziona. Guarda che lo capisco. Ma non rinuncio a te. Non mi bastano questi incontri. No. Ti voglio tutto per me. In ogni momento. Ti aiuterò io, se intendi lasciarlo.”
“Non conosci la situazione.”
“E allora spiegamela.”
E gli rivelai tutto, forse spinto dalla follia o dall’amore o da entrambe le cose. Non tralasciai neanche un particolare. Sorprendentemente, non mi reputò pazzo. Né provò disgusto quando venne a conoscenza della mia natura. Poi gli parlai dell’avarizia di Marcus e infine disse: “Che bastardo. Al posto suo, non sarei avaro e non mi comporterei così.”
“Ma non sei al posto suo, Stefano.”
“Potrebbe accadere.”
“No!”
Dal riverbero nei suoi occhi, mi resi conto che non scherzava. Con lucidità ammirevole, disse: “Quando ho detto che ti amavo, non mentivo. Rendimi come te. E giuro che ti aiuterò. Ho in mente un piano. Fidati di me.”
E mi spiegò la sua idea. E, una volta presa la decisione, non sono tornato indietro. Adesso Stefano è a letto, in attesa. Marcus è in bagno. Si sta preparando. Io e lui siamo andati al club e Stefano, fingendo di non conoscermi, ci ha rivolto la parola e invitato a casa sua. Marcus, intanto, entra nella stanza e dice: “Bene. Ora ci divertiamo.”
“Io sono pronto” sussurra Stefano.
Marcus lo raggiunge. E io lo imito. Conosco le intenzioni di quell’avaro. Intende succhiargli il sangue e lasciarmi appena qualche goccia. Se non fosse stato per l’avarizia, forse l’avrei sopportato. Non c’è niente di peggio di un vampiro avaro, poco ma sicuro. E sta per morderlo quando lo blocco e Stefano prende un paletto di frassino da sotto il cuscino e glielo conficca nel cuore. Marcus urla e io mi limito a dirgli, sogghignando: “Muori, maledetto!”
E muore davvero. Passa qualche istante e si riduce in un mucchio di cenere. Sono libero. Finalmente. Libero di vivere con il mio amore.
“Grazie” dico a Stefano, dopo averlo baciato.
“Ora mi dici come ti chiami?”
“Matteo.”
“Fai ciò che devi, Matteo. E promettimi che non sarai avaro.”
“Te lo prometto, tesoro. Non ho mai tollerato l’avarizia. Non mi prenderò tutto il sangue delle vittime. Lo divideremo in parti uguali. Come una coppia degna di questo nome.”
E allora lo mordo. Assaggio il suo sangue; poi mi faccio un taglio sul torace e gli faccio bere il mio. E aspettiamo insieme la sua metamorfosi. E crepi l’avarizia, concludo.

Sergio L. Duma