L'eredità

La casa aspettava in silenzio. Oltre il cancello, le mura erano vecchie e decrepite. Gli alberi si abbattevano con violenza contro i vetri. Erano anni che nessuno varcava quel cancello. Anni che nessuno si occupava di quella casa.
D’un tratto la scala interna cominciò a cigolare lentamente, come seguendo i passi di qualcuno. Una donna bionda, dall’espressione arcigna e dall’età indefinita, aspettava in silenzio sulla scala del primo piano. Il suo cuore batteva in sincrono con il rumore di un vecchio rubinetto, che prese a scorrere in quell’istante. La pendola, ferma da anni, iniziò a battere il tempo.
“E’ ora”, pensò lei, e cominciò a ridere.

 

All’imbocco del raccordo per uscire dall’autostrada, Elio si fermò di botto. “Che cavolo”, pensò all’istante, ”eppure non ho fumato nulla!” TUM TUM TUM... ”e adesso che c’è ancora?” TUM TUM TUM... il rumore cresceva progressivamente, fino a renderlo sordo. ”Che c’è ora?” urlò per superare il fracasso, e fu in quel momento che si rese conto che il rumore non era altro che il sangue che gli pulsava forte nei timpani, “Cristo”, pensò, “devo essere proprio fuori, se mi fa questo effetto”.

 

Petra sorrise contenta, scendendo dall’auto. “Mica male” pensò, “e dire che stavo per rinunciare a venire qui.” Era una bella ragazza bruna, dall’abbigliamento decisamente eccentrico. Il vestitino di pelle nera metteva in risalto il corpo snello, mentre il trucco, stile Morticia Addams, scoraggiava chiunque dall’avvicinarla senza invito. Suonò il clacson più volte, impaziente ed infine si avviò decisa verso la villa. Nell’attraversare l’atrio, sorretto da maestose colonne, avvertì un leggero brivido alla schiena, mentre uno spiffero gelido le trapassò l’orecchio. Indugiò per un istante ancora, poi entrò.

Il cancello si chiuse di botto, dopo il passaggio dell’auto. “Oddio”, pensò Cathy, “adesso mi piglia un colpo”. Aveva già accusato quelli che, secondo lei erano i prodromi di una sincope, appena scorta la villa in cima alla collina. “E ora”, aveva sbuffato, ”io dovrei salire fin lassù? Bè meno male che ho la macchina, altrimenti col cavolo. E adesso anche questa storia del cancello che si apre da solo e sbatte appena passo”, pensò incavolata “ma dove sono, a casa Usher?”

 

Elio si era più che ripreso, dopo una bella canna, e si sentiva così in pace con se stesso e con l’universo, che decise di recuperare il tempo perso correndo su per la strada, verso la villa in collina. Non gli fece, comunque, un bell’effetto la storia del cancello apertosi da solo e richiuso di botto dopo il suo passaggio, “Cos’è anche le allucinazioni, adesso?”, pensò “va bene, giuro che fumerò meno, d’ora in poi.”

 

“Hei, c’è nessuno? Cristo che museo!”, pensò Petra mentre saliva le ampie scale verso il primo piano. “Non occorre urlare, sono qui!” bisbigliò una voce dietro di lei. “Io urlo quanto mi pare” ribattè Petra “e specialmente se mi si alita sul collo a questo modo.” “Mi scusi, non intendevo spaventarla” sogghignò la donna, “sono Elena Biffi, esecutore testamentario di sua zia Marina.” “piacere, Petra Vandelli, e gli altri, dove sono?” “Arriveranno a momenti, intanto se vuole seguirmi, le mostrerò la sua stanza“ “Come sarebbe, io sono qui per la lettura del testamento, mica per dormire?” “Mi spiace, ma la faccenda è un po’ più complessa di quanto io abbia potuto accennarle per lettera, se vuole seguirmi?” “Merda” pensò Petra “sta a vedere che adesso mi toccherà subire le angherie di questa vecchia stronza” “Io non mi muovo di qui, se lei prima non mi spiega tutto, intesi?” esplose poi con enfasi.

 

“Oddio che freddo” pensò Cathy attraversando l’atrio “avrei dovuto prendere un maglione, vuoi vedere che ora mi prendo una bronchite?” “C’è nessuno?” urlò, ”lo sapevo, sono la prima, sempre così e poi mi tocca aspettare” “Hei?” “Arrivo”, “e chi è questa vecchia befana?” pensò, “Sono Elena Biffi, esecutore testamentario di sua zia Marina” esordì la donna, seguita a ruota da Petra, che le faceva il verso dietro le spalle. Cathy non potè trattenere una risata e la donna la guardò come se fosse un insetto di strana foggia, finito in un’insalata.
“Cathy” le corse incontro Petra, “meno male che sei arrivata” le bisbigliò poi “mi pareva proprio di essere finita in un racconto di Kafka”, “Dici pure in un racconto di Poe” la corresse l’altra “hai visto il cancello?” “No, che aveva?” “Te lo spiego poi”
Intanto Elena le guardava con un’aria di profondo disgusto, “che schifo” pensava “e dire che un tempo si poteva scegliere il fiore delle fanciulle, senza essere costretti ad accontentarsi delle prime volgari meretrici di passaggio.”
“Bene” asserì soddisfatta, “aspetteremo di esserci tutti, poi vi spiegherò la situazione.”

 

Elio arrancò su per i gradini del portico e, intanto che si accorgeva del vento freddo che lo colpiva, pensò “Vai via, che è meglio, molla tutto, scappa senza voltarti indietro” si bloccò e, senza pensarci, prese ad accarezzare uno dei mastodontici cani di bronzo che decoravano l’ingresso, “poverino” pensò “tu non ce l’hai fatta a scappare, vero?”
Nel mentre una donna bionda con l’aria severa gli si fece incontro e, tendendogli la mano disse “Sono Elena Biffi, esecutore testamentario di sua zia Marina” “piacere” mormorò Elio e, intanto pensava “Dio, che mano gelida!” “si accomodi” riprese lei.
All’interno scorse Petra e Cathy, le sue due cugine, che confabulavano, ridacchiando di tanto in tanto.

 

“Bene” esordì Elena “sono qui per assolvere alle ultime volontà di vostra zia Marina. In primo luogo darò lettura delle disposizioni, sedetevi, prego.”

 

“Ma chi cacchio è la zia Marina?” pensava intanto Petra, “dovrò chiedere a Cathy, forse lei se ne ricorderà.”

 

“... Dispongo pertanto che le mie proprietà, inclusa la mia casa, siano vendute e il ricavato distribuito equamente tra tutti i miei discendenti, che si adatteranno a passare una notte nella villa sulla collina.” concluse Elena, “ora, chi di voi intende restare?”

 

Appena chiusa la porta Cathy si adagiò sul letto e si mise a pensare...” Chi sarà mai la zia Marina? Forse quella cugina di mamma che portava i polsini di merletto alle cerimonie? Oppure la sorella della zia Evelina, quella che dormiva in terrazza per paura dei topi? Boh?”

 

Elio non aveva rinunciato solo perché le sue cugine erano rimaste. Si sarebbe sentito un vigliacco a mollare, eppure la fifa cresceva di minuto in minuto. Tutto era cominciato con la vista della casa sulla collina, non che potesse spiegare, né descrivere quello che aveva provato, il tutto si risolveva con un terrore vago ed un senso di claustrofobia. Ecco cos’era, claustrofobia, si era visto rinchiuso, da solo, in quella casa, prigioniero di qualcosa di vago ed indefinibile, che lo costringeva a restare, pur senza fare nulla per trattenerlo. Una specie di incantesimo. Si vide come il protagonista di un racconto gotico, il principe prigioniero, condannato a vagare in eterno nei corridoi del castello di famiglia e a morire di spavento, appena voltato l’angolo.

 

Petra incominciò a sbuffare dietro la porta chiusa. “Uffa!” disse, “mi sento come se mi fossi appena chiusa il coperchio della bara sul cranio. Eppure nulla mi impedisce di uscire ed andarmene, solo che sarebbe una fesseria, dato che ormai è buio. E allora che faccio?” Uscì dalla stanza e si mise a bussare alla porta di Cathy, “Hei, Cathy, ci sei?” Nessuna risposta. “bè, allora farò un giro di esplorazione, così magari scopro pure chi accidenti è la zia Marina.”

 

Intanto Cathy, nella sua stanza, continuava a rimuginare sulla misteriosa identità della zia Marina, e, nello stesso tempo, si accorse di avvertire uno strano freddo alle gambe. “Che mi piglia?” pensò “vuoi vedere che ho preso il tetano? Lo sapevo che dovevo stare attenta ai cardini arrugginiti di quel dannato portone. E adesso come faccio?”

 

Elio aveva sonno. No, non è esatto dire così, per la verità lui cascava dal sonno. Si sdraiò sul letto e decise di lasciar perdere il tutto. “Magari un bel sonno è quello che mi ci vuole” pensò “e poi, domani mattina, me ne vado, e, quando avrò i miei soldi, tutto questo mi sembrerà solo uno scherzo. A proposito, ma chi è la zia Marina?”

 

Elena Biffi giaceva sdraiata in una bara, nella cappella di famiglia. “E’ fatta!” pensò “per un po’ potrò stare tranquilla, a riposare, mentre la casa si rigenera. E’ proprio vero, l’ingordigia ha un potere immenso, è bastato scrivere a questi tre di avere diritto ad un’eredità, di una zia che non hanno mai conosciuto, e loro si sono catapultati qui, di corsa. Che sciocchi, ma avranno di che pentirsi!”

 

Petra girovagava da più di un’ora e non era riuscita a venire a capo di nulla. In primo luogo, i ritratti di famiglia appesi alle pareti erano troppo vecchi per ricordarsi di qualcuno. Poi, non esisteva niente che fosse possibile ricollegare né alla sua, né ad alcun’altra famiglia ed infine era più che certa di non ricordare nessuna zia Marina.

 

Cathy iniziò a battere i denti, “ho i brividi” pensò “e adesso che faccio?” La stanza le girava intorno vorticosamente e lei non si risolveva ad alzarsi dal letto, “Oddio” pensò “sto per morire” La finestra esplose verso l’esterno e l’aria frizzante, entrò dal vetro rotto. ”Madonna, che freddo “ pensò allora lei, “e che cavolo vuol dire tutto questo casino? Perché mai una finestra esplode nel bel mezzo della notte?” Il fracasso continuava. Si alzò barcollante, appoggiandosi al letto e piano piano, evitando gli oggetti che erano caduti a terra, si avviò verso il bagno.

 

Elio dormiva profondamente. Nel sonno aveva assunto la posizione fetale e stava lì, rannicchiato, con il pollice ficcato in bocca. Nel frattempo i rami degli alberi si agitavano nel vento, fuori dalla finestra, l’aria si fece gelida di colpo e, mentre dormiva Elio cacciò un urlo.

 

Petra si stava proprio incavolando. “E’ impossibile” si diceva “non riesco più ad uscire da questo fottuto corridoio.” Girava in tondo da ore e non riusciva trovare la sua stanza. “Vediamo un po’, se lascio aperte tutte le porte che passo, forse dovrei capirci qualcosa.”

 

Cathy, ansimando, si chiuse la porta del bagno alle spalle. La camera continuava a vorticare, e lei non sapeva più cosa pensare. Si avvicinò allo specchio, barcollando, ed accese la luce sopra il lavandino.

 

Nel sogno lui era in una bara. Dapprima non se ne era reso conto, vedeva tutto buio. Le braccia piegate sul petto, era completamente vestito e chiuso in una bara. Lentamente cominciò a tastare con le mani tutto intorno, e sì non c’era proprio verso di uscirne, era una bara. Ma lui era vivo, dannazione, vivo! Urlò e poi urlò ancora, ma nessuno accorse a salvarlo.

 

Petra si incominciò a preoccupare quando si accorse che le porte si richiudevano da sole, dietro di lei. “Cazzo, sono nei guai!” pensò e fu allora che cominciò ad urlare.

 

Lo specchio le dava una strana immagine. No, quella non era lei. Lei aveva solo un po’ di febbre e nient’altro. La sua pelle era rosea e piena di lentiggini. Ma non aveva imperfezioni di alcun tipo. Quella nello specchio sembrava un’illustrazione tratta da uno dei suoi molti libri di medicina. “Aspetta, cos’era quella strana malattia che ti riduce così la pelle? La lebbra! No, no no oh no, oddio nooooo” L’urlo angosciato di Cathy riempì la casa e, nello stesso istante in cui lei cadeva al suolo, stroncata da un infarto, la sua pelle tornò rosea e lentigginosa come non era stata mai.

 

Elio cominciava a soffocare. “Non mi piace questo sogno” pensò “voglio svegliarmi” e così fece. Aprì gli occhi nel buio della stanza e si accorse subito che non vedeva un tubo. “Che succede? Dov’è finita la luna?” Iniziò ad allungare un braccio per accendere la lampada, ma qualcosa gli impedì il movimento. Strano. Non ricordava di avere il muro sulla sinistra. Allora alzò entrambe le braccia e si accorse di qualcosa che lo circondava tutto. Qualcosa di legno, che lo imprigionava. “Non è possibile” pensò “ora non sto sognando” E cominciò ad attaccare il legno con le mani, urlando. E più lui urlava, più l’aria si faceva gelida, e più gli mancavano le forze. Alla fine si accasciò, rassegnato ed inerme, aspettando la morte.

 

Petra era molto stanca. Aveva urlato fino a consumarsi le corde vocali, ma nessuno era accorso. “Diavolo” pensò “adesso ci manca che mi faccia venire un colpo a furia di urlare. Devo stare calma. Tanto è chiaro che qui non c’è nessuno. Adesso lascerò qualcosa davanti ad ogni porta che apro, così mi orienterò.” E così fece. Lasciò la prima scarpa, poi la seconda. Dopo fu il turno degli orecchini, la cintura, le calze ed infine i bottoni del vestito...

 

Elio giaceva in silenzio. Le mani piegate sul petto. Completamente vestito, sul letto. Era pallido. Il suo cuore aveva cessato di battere, in quel preciso istante una mosca entrò dalla finestra e si posò sulla sua faccia.

 

“Ce l’ho fatta!” Petra fissava la scala davanti all’atrio come se fosse un forziere carico di gioielli. “Oddio, a momenti impazzivo!” esitò un attimo sul primo scalino e poi si avviò fuori. La prima tegola la colpì sulla nuca, facendola barcollare, dopo di che le altre la immobilizzarono dov’era impedendole di sottrarsi al destino che la casa aveva scritto per lei.

 

La casa aspettava in silenzio. Era molto bella, nuova. Rosse tegole ricoprivano il tetto. I vetri puliti riflettevano il sole. Gli alberi in fiore carezzavano dolcemente le finestre. Un gatto uscì da un cespuglio, si fermò sotto l’atrio a leccare qualcosa, si bloccò di colpo in ascolto e scappò via.