Cristian raggiunge
il molo come un sonnambulo. Qualcosa sembra chiamarlo.
Si sporge: il lago è una lastra nera.
D’improvviso, l’acqua schiarisce, s’incendia di sole, vira al rosso e torna
nera. Buio e luce si susseguono, i rami riflessi si spogliano e rivestono;
nuvole e stormi d’uccelli sporcano la superficie come ombre sfuggenti.
Vede se stesso: il suo giovane volto sfigurarsi in un vecchio ammasso di
cancro. La bocca sembra dire Vieni.
Stravolto, vorrebbe infrangere quell’immagine, ma come?
Solo allora riconosce il peso nelle braccia. Molla la pietra.
Poi si accorge: due mani liquide hanno stretto una corda attorno al collo.