La memoria dell'acqua

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2010 - edizione 2

In quel tratto di fiume, sotto al ponticello in legno, i pesci abbondavano.
Fabrizio allungò la canna da pesca e controllò la lenza, scorrendo il mulinello. Soddisfatto, scelse la mosca finta come esca, chiedendosi cosa avrebbe abboccato prima. Una carpa o una trota? Magari un pescegatto.
Non il cadavere di Daniele, pensò.
Che fosse cadavere ne era sicuro. Dopo averlo colpito alla testa con una mazza, Daniele era crollato a terra, sanguinante. Fabrizio aveva trascinato Daniele fino al ponte, poi l'aveva buttato giù, osservandolo affondare. Il corpo non era riaffiorato.
Fabrizio lanciò: l'esca disegnò un arco nell'aria, fino a cadere in acqua, dieci metri più avanti. Osservò la mosca finta galleggiare, quindi girò con calma la manovella.
Si sedette sul bordo del ponte, di fianco a sé il cestello che avrebbe accolto le sue prede.

Stronza, pensò, alla fine te lo sei meritato.
Voleva solo farle ingoiare un po' di denti con quel diretto, ma Vittoria era finita proprio nella tromba delle scale.
Spiegare le cose alla polizia gli avrebbe fruttato soltanto un'incriminazione per omicidio colposo: far sparire il cadavere nel fiume, perciò, era stata la naturale evoluzione delle sue azioni.
La lenza si tese.
Fabrizio allargò le labbra in un sorriso.
Lo strattone arrivò, tanto forte quanto repentino, e lo fece piombare nel fiume.
Prima che l'acqua lo risucchiasse, i suoi occhi colsero la sagoma di un uomo fermo sulla riva destra.
Non è possibile, pensò.
Tentò di mettersi in salvo, ma venne tirato giù.
Onde concentriche si allargarono attorno al punto in cui era caduto, più o meno lo stesso dove prima di lui erano stati inghiottiti Vittoria e Daniele.
Pochi secondi dopo, una bolla nera venne a galla, vomitò il cappello, e si dissolse nei gorghi.

 

Daniele si era svegliato sulla riva del fiume.
Era stanco, ferito, scombussolato, ma vivo. Con grande sforzo aveva messo a fuoco quel che era successo: era stato Fabrizio a colpirlo.
Daniele non ricordava come, ma in qualche modo era riuscito a eludere la morsa gelida delle acque.
Aveva provato ad alzarsi, a tornare a casa, ma era svenuto. Dolore e delirio erano andati e tornati, come luci intermittenti, finchè non era riuscito a sentirsi abbastanza in forze da mettersi in piedi.
Quanti giorni erano passati?
Si era sentito meglio, anche se la testa gli doleva ancora.
Doveva andarsene da lì, avvertire Vittoria, chiamare la polizia.
Aveva percorso solo pochi metri quando si era accorto del pescatore finito in acqua.
Fabrizio.

 

Daniele guardò in lontananza il cappello di paglia galleggiare indolente, diretto verso il mare.
Voleva solo andare via, rifugiarsi tra le braccia di Vittoria e provare a dimenticare.
Non poteva sapere che lei era morta.
Non avrebbe saputo che l'aveva salvato, sputandolo dal fiume mentre era ancora privo di sensi.
Si incamminò, e ancora una bolla nera comparve nell'acqua.
Se Daniele l'avesse vista, avrebbe colto una forma: quella di una mano sottile e grinzosa che lo salutava con amore.

Gabriele Lattanzio