Ci svegliammo tutti insieme, quella mattina.
Il luogo di ritrovo fu la Mole Antonelliana, che come sempre aggrediva le
nuvole con quella punta acuminata a ricordarci quanto siamo piccini al
cospetto del cielo.
La folla era a testa in su. Chi sospirava invocando l’aiuto del Signore, chi
fotografava, chi filmava con il cellulare. Il grosso dei media ancora non si
vedeva ma presto il Mondo avrebbe ammirato il gatto, quel gatto gigantesco
aggrappato alla cupola della Mole. Miagolava, riempiendo il vuoto lasciato
dal traffico cittadino immobilizzato. Con quel manto grigio quasi si
confondeva con il cielo plumbeo e la coda, lunga almeno venti metri,
scattava come un cobra. Si voltò guardandoci tutti, con quegli occhi gialli
e meravigliosi, grandi come gli orologi di un campanile.
- Guardate più in alto, più su! - strillò una signora con un buffo cappello
viola. Sulla punta della Mole si era posato un passerotto.
Era grosso come un elicottero.
Il gatto iniziò la risalita dell’edificio, incuriosito ed affamato,
affondando gli artigli nel granito della cupola.
- Sta iniziando anche qui – bisbigliò un uomo davanti a me – lo avevano
detto che sarebbe iniziato -.
Abbassai lo sguardo. In fin dei conti era solo un gatto e presto l’esercito
sarebbe intervenuto. Girai i tacchi e me ne andai, voltandomi un paio di
volte ancora attratto dagli ululati della folla. Il gatto aveva quasi
raggiunto il pennuto, sfiorandolo con una zampata. Il canarino si limitò ad
accovacciarsi, cinguettando qualcosa. Il ronzio metallico degli elicotteri
si faceva sempre più vicino.
Svoltai in corso San Maurizio, diretto verso il fiume Po. Una gigantesca
coda pelosa sparì dietro gli edifici che costeggiavano il corso. Profondi
suoni di respirazione canina si incanalavano tra le vie del centro. Presto
sotto la Mole sarebbero giunte abbaiate fragorose e litri e litri di piscio.
O magari un inseguimento.
In prima pagina de La Stampa stamani appariva la foto di un enorme
Orangotango, alto più di trenta metri e intento a grattarsi la nuca
usufruendo di una sequoia. Foto da Pulizter, in tempi diversi. Ordinaria
quotidianità, negli ultimi mesi, uno della milionaria casistica di
“gigantismo animale”. Il problema era che tutti gli animali della Terra
stavano aumentando di dimensioni, senza spiegazione alcuna. L’unico dato
certo era che nelle zone più povere e mal nutrite della Terra le popolazioni
iniziavano timidamente ad abituarsi alle nuove fattezze animali.
Istinto, credo.
E noi civili? Impegnati a trovare una soluzione rapida, indolore. Un ripiego
biologico, da laboratorio. E militare, se necessario.
I volatili presto avrebbero oscurato il nostro tiepido sole, i bovini negli
allevamenti intensivi conquistato i pascoli, i mari commerciali a ribollire
di gigantesche pinne,
i serpenti ingoiato come stuzzichini gli snob che godevano del fascino
rettile nelle loro preziose teche da appartamento.
Un sorpasso animale.
Sarebbe stato meglio non svegliarsi affatto, questa mattina.